Se ci pensate bene, in Italia sia il passato che il futuro hanno pochissima importanza nel dibattito pubblico.
Sul futuro, l’orizzonte si è via via ridotto, fino ad arrivare (se va bene) al prossimo turno elettorale o referendario o – se va male – al prossimo sondaggio.
Ma anche sul passato le cose non vanno tanto meglio. Semmai alcune categorie politiche morte e sepolte vengono riesumate a fini per lo più di propaganda politica da quattro soldi, ma in generale questa Repubblica non ha mai dimostrato di curarsi granché di conoscere, capire, approfondire, analizzare e risolvere il proprio passato.
Prova ne è che in questi giorni quasi nessuno – con la lodevole eccezione di alcuni quotidiani – ha sottolineato la decisione di prorogare al 2029 il segreto di Stato (a cui pur si era dato un “colpo” con la direttiva Renzi del 2014) su alcune comunicazioni inviate a Roma dal capo della nostra intelligence militare in Medio Oriente tra gli Anni 70 e 80 (il colonnello Giovannone).
Quella carte aiuterebbero a definire il quadro storico internazionale nell’ambito del quale, con buona probabilità, maturarono alcune delle nostre più grandi tragedie collettive repubblicane: il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro nel 1978, l’abbattimento del DC9 a Ustica e la bomba alla stazione di Bologna nel 1980.
È bene subito tenere a freno visionari, sloganisti e cialtroni vari. In quelle carte non ci sarà il nome dell’assassino, ne’ la rivelazione di alcun complotto planetario con tanto di microchip sotto la pelle. Semplicemente, ci sarebbero forse elementi importanti per definire i retroscena del (difficilissimo) contesto internazionale di quegli anni, e i relativi rapporti di forza, di convenienza, di interesse.
Quelle carte non sono per la lotta politica di oggi, ma per gli storici (di oggi e di domani). Ma cionondimeno sono fondamentali, assieme a chissà quante altre verità andate perdute per sempre.
Tanto tempo fa – non vi dico neanche quanto, perché è veramente tanto – regalai ad un amico un libro sui misteri italiani (“I burattinai”, di Philip Willan). Ci scrissi sopra una dedica: un paese che non conosce a fondo il proprio passato, non sarà mai in grado di comprendere il proprio presente ne’ di costruire il proprio futuro.
Lo penso ancora.