Ogni volta che qualcuno ricorda che l’Irpef attuale non ha affatto un problema di scarsa progressività, un po’ di gente storce il naso.
Perché?
Perché da un po’ di tempo – un bel po’ di tempo – la politica italiana procede esclusivamente per slogan, o “parole-chiave”.
Se, parlando di qualsiasi cosa, menzioni le parole “pubblico”, “scuola”, “sindacato”, e “progressività”, sei di sinistra.
Se menzioni le parole “ordine”, “libertà”, “efficienza del settore pubblico”, sei di destra.
In quest’ottica, per avere la patente di “sinistra” devi sempre e comunque dire che il nostro sistema fiscale è poco progressivo. Sempre.
Per chi vive la politica in questo modo è del tutto irrilevante che, invece, una semplice occhiata ai dati dimostri in modo abbastanza netto che il nostro sistema fiscale tutto è meno che “poco progressivo”. Soprattutto sulle fasce di reddito più basse (cioè quelle – somma ironia della sorte – che dovrebbero essere più tutelate da chi si professa “di sinistra”).
Perché per accorgersi di questo bisogna leggere, studiare, approfondire, capire.
E da un po’ di tempo – un bel po’ di tempo – per chi fa politica tutto questo è troppo faticoso.
Meglio affidarsi alla comodità dello slogan, e di una “parola chiave” rassicurante.