Il vicecapogruppo dei renziani alla Camera: “Dopo il Covid il debito salità al 160% e la crescita sarà anemica. Se il governo non cambia rotta rischiamo il precipizio. Serve un progetto serio.
Luigi Marattin dal 2014 al 2018 è stato consigliere economico di Matteo Renzi alla Presidenza del Consiglio insieme a Marco Fortis, Yoram Gutgeld e Tommaso Nannicini e poi del successore Paolo Gentiloni, dove si occupa soprattutto di tematiche di finanza pubblica con l’incarico di membro del nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica. Eletto alla Camera con il Pd, diventa Capogruppo in Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione. Nel settembre 2019 entra in Italia Viva diventando vicepresidente del gruppo parlamentare alla Camera. È membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario. Dal Mes ai misteri del Recovery plan, non ha fatto mistero di insofferenza verso il governo.
Conte balla sulle incertezze sanitarie, sul metodo autoreferenziale, sulle risposte alla crisi. Su cosa lo contesta di più?
Ci sono questioni su cui da tempo come Italia Viva, sollecitiamo scelte importanti, dall’economia a un piano vaccini che non parta in ritardo rispetto agli altri paesi europei. Ma il punto fondamentale che stiamo cercando di porre è più generale.
E qual è?
Il Paese sta per attraversare il momento più importante dalla nascita della Repubblica. Il reddito medio degli italiani è lo stesso di trent’anni fa, e negli ultimi vent’anni abbiamo avuto un tasso di crescita medio (di Pil e produttività) pari a zero.
Peggio della media europea?
Non c’è nessun paese al mondo in questa condizione. Dopo il Covid, ci ritroveremo con un debito superiore al 160% del Pil. Ma il combinato disposto di crescita anemica e debito così alto – soprattutto in un mondo a zero inflazione, che potrebbe durare a lungo – porta dritti al baratro. Per questo sosteniamo che per la politica italiana è finito il tempo dell’approssimazione, della confusione, della legittimazione dell’incompetenza e delle scelte a metà. O cambiamo seriamente rotta oppure in gioco non c’è il destino personale di ciascuno di noi o dei nostri partiti.
I soldi del recovery fund sono attribuiti in maniera bizzarra. Poco alla sanità, pochissimo al turismo. Di chi sono le responsabilità?
E’ uno dei problemi che abbiamo sollevato. Non è chiaro chi abbia preso queste decisioni, sulla base di quali analisi e di quali valutazioni politiche. Per noi il Recovery Fund non deve essere una torta da spartire o un insieme di progetti messi insieme cercando disperatamente di trovarci un denominatore comune abbastanza accattivante.
E cosa deve essere, invece?
Deve essere un vero e proprio piano industriale del Paese, che da un lato si chieda perché da vent’anni non cresciamo (e che agisca su quei problemi) e dall’altro si chieda che paese vogliamo essere tra vent’anni (e che prenda le decisioni conseguenti). Senza guardare a quanti soldi vanno a questo o quel ministro, a questo o quel partito, a questo o quel territorio.
È necessario un coinvolgimento, una concertazione diversa in maggioranza. Lei ha parlato di cambio di governance necessario. Cambierà la delegazione di Italia Viva al governo? C’è chi indica il suo nome.
Figuriamoci se riduciamo tutto ad un problema di nomi o di posizioni. Italia Viva ha già due bravissime ministre, Bellanova e Bonetti, e un bravissimo sottosegretario, Scalfarotto. Ma, come chiarito da Renzi, questi ruoli sono a disposizione se non ci si chiarisce bene su cosa stiamo tutti facendo.
La manovra è al fotofinish in commissione finanze, dove lei è presidente. Ci saranno novità sul fronte della tassazione del tabacco riscaldato? Da lì potrebbero arrivare fondi utili anche per la sanità.
Su questa vicenda ho sempre pensato che non occorra perseguire un unico obiettivo, ma plurimi: gradualità negli aggiustamenti fiscali, tutela della salute, equità dell’ordinamento tributario e la necessità di preservare e incentivare gli investimenti esteri. Spero che in queste ultime ore si possa arrivare ad una norma che tenga insieme questi obiettivi.
Come giudica l’idea di ammettere il commercio di cannabinoidi leggeri sotto l’Agenzia dei Monopoli, per vendere alcuni prodotti in tabaccheria?
Le rispondo allo stesso modo in cui rispondo ai colleghi M5S che propongono questa norma. Nel merito si può discutere di tutto (se i limiti di Thc non vengono innalzati), ma se il dibattito politico è diventato un luogo in cui è possibile confondere questi prodotti con le droghe è colpa di un modo di far politica che privilegia lo slogan al contenuto, la menzogna alla verità, la frase a effetto sui social al ragionamento di merito. E non posso evitare di notare che i Cinque Stelle non sono certo estranei a questa degenerazione. Chi è causa del suo mal….. Detto questo, da tempo consiglio loro di procedere in modo diverso.
Più strutturato, diciamo: più politico?
Anziché tirare fuori all’ultimo minuto in ogni provvedimento questa norma, partano sei mesi prima con un percorso di coinvolgimento dell’opposizione (che è più restia a entrare nel merito del ragionamento) al fine di trovare una soluzione equilibrata che superi la reazione “di pancia”. A volte la politica ha bisogno di discussioni approfondite e che vadano oltre gli slogan. Come sul Mes, ad esempio.
Italia Viva ha superato il primo compleanno, è intellettualmente vivace ma nei sondaggi incollata tra il 3 e il 4%. Guardate ad una possibile federazione con Più Europa e Azione?
Da trent’anni in Italia facciamo l’errore di costruire le offerte politiche pro o contro le figure dei leader o sulla base di considerazioni opportunistiche legate alla legge elettorale del momento. O sulla base di un mondo che non esiste più. Io la penso in modo radicalmente differente. Il Grande Shock della Globalizzazione – realizzatosi gradualmente dalla Caduta del Muro fino alla crisi del 2008 – ha radicalmente mutato ogni dimensione della vita pubblica, compresi i criteri di demarcazione tra le culture e le offerte politiche. Sono sempre più convinto che le nuove categorie politiche corrispondano all’atteggiamento che si vuol tenere nei confronti della società globale: c’è chi la accetta e vuole, accompagnando al cambiamento, distribuirne i benefici in termini di opportunità. E chi la contrasta, denunciandone l’irriformabilità. Se guarda bene, sono questi gli schieramenti che lentamente si stanno predisponendo in campo, in tutto il mondo.
Come si traduce?
Io lavoro affinché anche in Italia ci sia un’offerta politica liberal-democratica in grado di spiegare agli italiani che il Nuovo Mondo non è qualcosa da cui proteggersi, ma qualcosa da sfruttare per “cambiare lo stato presente delle cose”.
Il Mes si perde tra i marosi dei Cinque Stelle. Quanto costa alla salute degli italiani la rigidità ideologica del Movimento?
È già costata, perché se avessimo attivato la linea pandemica del Mes nel maggio scorso, non appena resa disponibile, non solo avremmo risparmiato 300 milioni l’anno, che possiamo usare per incrementare in maniera massiccia il numero di specializzandi per i prossimi dieci anni. Ma avremmo anche avuto risorse fresche e subito disponibili per – faccio solo un esempio – prepararci per tempo alla grande sfida della campagna di vaccinazioni. Pensare che abbiamo buttato tutto al vento solo perché qualcuno non è in grado di leggere i documenti europei senza le lenti dell’ideologia sloganistica è un qualcosa che dovrebbe farci riflettere tutti. Per chiederci come abbiamo fatto a ridurci in questa situazione.
Ci fa una sua previsione? Rimpasto, crisi di governo, elezioni? Come si aprirà il 2021?
Io mi auguro che si apra con le stesse immagini che abbiamo già visto in Gran Bretagna e Stati Uniti: una signora anziana – o una giovane infermiera – che riceve sorridendo il vaccino anti-Covid, e attorno tanti infermieri e medici che applaudono commossi. Poi ci sarà da costruire il mondo post-Covid. Ma con scelte da prendere ora, e non tra qualche anno. È questa la cosa che mi preoccupa di più.