Qualche tempo fa parlai della firma di un accordo di libero scambio nel continente africano, che avrebbe abolito i dazi doganali per il commercio interno tra gli Stati africani (lo stesso primo passo di integrazione economica che fece l’Europa nel 1957).
L’altro ieri – il 1 gennaio – quell’accordo è entrato in vigore, creando il più esteso libero mercato del mondo.
I benefici possono essere enormi. Pensate che nel 2015-2016 la Costa d’Avorio ha importato 90 mila tonnellate di aglio dall’Olanda. Avrebbe potuto invece acquistarle dal vicino Niger (creando quindi reddito e sviluppo in quel paese) ma i dazi doganali rendevano il prezzo di quell’aglio più che doppio rispetto a quello olandese.
La Banca Mondiale stima che per il solo effetto di quest’accordo, entro 15 anni più di dieci milioni di africani usciranno dalla povertà.
Già negli ultimi due decenni molti Stati africani hanno registrato tassi di crescita molto elevati e persistenti, grazie ad una accresciuta integrazione commerciale; ma quest’accordo può diffondere crescita e sviluppo anche in quei paesi meno integrati e più ai margini dello sviluppo.
Dapprima ci fu il colonialismo: i paesi occidentali per secoli sfruttavano le ricchezze naturali e la forza lavoro dei paesi africani.
Poi venne l’assistenzialismo: decenni di flussi di capitale che affluivano dall’occidente, che però spesso andavano soltanto a finanziare guerre e corruzione.
Ora è il turno del mercato. Il tanto vituperato, deriso e infangato mercato.
Vediamo se riuscirà a ottenere risultati migliori.