Intervista per Il Sole 24 Ore
«Quella fiscale va considerata una partita unica in due tempi: il primo è a novembre, con l’utilizzo degli 8 miliardi, il secondo in aprile, con i decreti attuativi della delega a cui va assicurato un percorso condiviso ma veloce. E in questa partita ci deve essere il superamento dell’Irap». Da presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin (Iv) ha guidato con Luciano d’Alfonso al Senato i lavori sulla proposta parlamentare. E ora osserva preoccupato la pioggia di proposte singole avanzate dai partiti.
C’è il rischio di un intervento scoordinato dalla delega?
La partita è in due tempi ma l’accordo politico blindato deve esserci subito. È l’unico modo per evitare che gli 8 miliardi siano spezzettati in 8 interventi da un miliardo l’uno, per soddisfare le esigenze – reali o meno – di breve periodo dei partiti.
E come si fa?
Prima si capisce dove si vuole atterrare a regime, e poi come suddividere l’intervento nei due tempi. Ed è essenziale che il Governo lavori con il Parlamento per assicurarsi la massima condivisione; e che i partiti capiscano che l’obiettivo di un fisco più leggero e più semplice è a portata di mano solo se rinunciamo alle bandierine da sventolare sui social.
Il Pd chiede di intervenire sui bonus. È possibile?
L’approccio che abbiamo preso in Parlamento nei sei mesi di lavoro – e votato da tutti il 30 giugno – è quello di una riforma sistemica, non di un intervento marginale su alcuni bonus. Non so se qualcuno ha cambiato idea. Mi auguro sinceramente di no.
Ma la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro non è una priorità condivisa?
È la prima priorità, altrimenti falliremo l’obiettivo di tornare a crescere alla velocità di cui abbiamo bisogno. Ma «cuneo» vuol dire tante cose: Irpef, Cuaf, Irap, contributi. Continuare a ripetere questa parola senza dettagliarla credo serva solo a guadagnare tempo. Ma credo ci siano le condizioni – dopo tanti mesi di analisi e discussione – per decidere entro questo mese qual è il disegno complessivo da attuare entro fine legislatura.
Lei ha sottolineato a più riprese l’obiettivo di archiviare l’Irap, ma 8 miliardi non sono sufficienti per abolirla. Che cosa si può fare?
Nel disegno complessivo il superamento dell’Irap ci deve essere, lo dice anche la delega. Ci sono tanti modi. Io credo che il migliore sia l’abolizione per i soggetti Irpef; per le società di capitali invece la sua sostituzione con una maggiorazione Ires ma con un sostanziale sconto.
Dalla Cgil arriva però un «no» secco all’intervento sull’Irap.
Lo motivano con un rischio di tagli alla sanità che non c’è, perché le coperture già stanziate servirebbero proprio a lasciare intatta la spesa sanitaria.
Intanto sulla fiscalità delle imprese è scoppiato il caso rivalutazioni. Non è paradossale proprio mentre si discute di riordino strutturale?
Proprio questa vicenda mostra ancora una volta l’esigenza di un riordino. L’intervento sull’Irap andrebbe abbinato a un allineamento tra bilancio civilistico e fiscale, con un assetto stabile, semplice e sostenibile sul piano finanziario. Perché a volte ci si dimentica di quanto importante sia semplificare, oltre che ridurre le tasse.