In questo grafico il riassunto di queste quattro puntate, tutte basate su dati ufficiali Istat.
Dopo la Crisi Finanziaria del 2009, il rapporto deficit/Pil italiano era al 5,5%; nei dieci anni successivi si è ridotto fino al 1,6%.
La vulgata vuole che sia accaduto tramite massici e sadici tagli alla spesa corrente (la cosiddetta “austerità”). Una vulgata che ha avuto un ruolo non indifferente nel determinare gli esiti politici dello scorso decennio.
Ma la verità è un’altra, ed è questa:
a) per circa metà è avvenuto tramite riduzioni di spesa in conto capitale.
b) per circa il 30% tramite riduzioni di spesa per interessi (dovute soprattutto alle azioni di politica monetaria della Bce di Mario Draghi dal 2012 in poi).
c) per circa il 20% tramite aumento di pressione fiscale.
Non vi sono state riduzioni di spesa corrente primaria: la spesa pubblica tagliata è stata quella in conto capitale, e questa è stata una libera scelta nazionale (visto che tutte le raccomandazioni internazionali consigliavano di fare il contrario).
Stiamo ragionando come se nel periodo considerato (2009-2019) ci fosse stato un unico governo: invece ce ne sono stati sette, e non tutti si sono comportati allo stesso modo (basti vedere la pressione fiscale, che nel periodo 2013-2018 e’ diminuita).
Nei singoli grafici pubblicati nei post precedente, potete divertirvi – se vi provoca particolare diletto o interesse – a fare un po’ di polemica politica guardando agli anni in cui hanno governato i partiti o i leader chi vi sono più simpatici.
Perché ho fatto questo piccolo viaggio a puntate?
Perché nel 2020 c’è stata un’altra grande crisi mondiale, stavolta sanitaria. E il rapporto deficit/Pil italiano è schizzato ad un livello quasi doppio rispetto a quello che era nel 2009, dopo la crisi finanziaria.
Siamo quindi punto e a capo: dopo la sbornia di spesa pubblica 2020-2021, dall’anno prossimo dovremo iniziare a porci il tema di come rientrare dal deficit, che ha raggiunto il 9,4% del Pil.
Con una difficoltà in più: stavolta non potremo ridurre la spesa in conto capitale, perché le grandi transizioni che abbiamo davanti (energetica, ambientale, digitale) necessiteranno anzi di maggiori investimenti pubblici.
Spero che questo piccolo viaggio sia servito a chiarire le idee sul passato, e soprattutto sul futuro.