Questa mattina ho presentato le dimissioni da membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
Da tempo ero in totale disaccordo con la conduzione della commissione che, lungi dall’essere una vera commissione d’inchiesta sul passato del nostro sistema bancario, è stata fin dall’inizio utilizzata per altri dubbi scopi (primo tra tutti il tentativo di appropriarsi di competenze che sono invece proprie di commissioni parlamentari permanenti).
Ma la recente convocazione di Philippe Donnet – CEO del Gruppo Generali – ha superato ogni limite di “grammatica” istituzionale.
Alla vigilia dell’assemblea degli azionisti che dovrà eleggere in nuovo consiglio di amministrazione di una società privata, una delle due parti in competizione viene chiamata in audizione presso una commissione “d’inchiesta” per esporre dettagliate informazioni di bilancio, piani industriali e persino per chiedere conto di decisioni interne riguardanti la concessione dell’ aspettativa ad un proprio dirigente.
Insomma, facevo parte di un’autorita’ di regolamentazione finanziaria, e non lo sapevo.
Una “autorità’” particolare, oltretutto. Visto che entra pesantemente in una partita di governance societaria dalla quale la politica dovrebbe a mio avviso stare fuori.
Ritengo pertanto opportuno dissociarmi con decisione da quanto sta avvenendo.
Faccio appello ai presidenti delle Camere, destinatari il 29 marzo 2019 di una lettera del Presidente della Repubblica in cui si richiamava esplicitamente il rischio che le attività della Commissione non si sovrapponesse a quella delle Autorità indipendenti, affinché vigilino sul corretto funzionamento delle nostre istituzioni.