L’intervista di Enrico Marro, “Corriere della Sera”, 28 maggio 2022.
“La determinazione del presidente del Consiglio, Mario Draghi, è stata decisiva per sbloccare il disegno di legge delega sul fisco. Senza, non avremmo raggiunto l’accordo politico che consentirà alla riforma di essere approvata prima della pausa estiva”, dice il Presidente della Commissione Finanze della Camera e relatore del provvedimento, Luigi Marattin.
Quali sono i contenuti dell’accordo?
“Verranno accolte tutte le modifiche già passate in Commissione prima della rottura del 6 aprile. E c’è una soluzione anche per i due punti più controversi: il catasto e il sistema duale. Sul primo, non ci sarà più nel testo il riferimento al valore patrimoniale di ogni immobile, che verrà sostituito con le informazioni prese dall’Orni, l’Osservatorio del mercato immobiliare presso l’Agenzia delle entrate, che censisce il valore patrimoniale della zona in cui si trova l’immobile ma non quello del singolo immobile. Una modifica che ci può stare, visto che il nostro sistema catastale non è mai stato basato su valore ma sulla rendita. Sul sistema duale, si afferma il principio della neutralità fiscale e, pur non prevedendo più due aliquote per la tassazione dei redditi da capitale, rimane che il sistema deve diventare più equilibrato, evitando distorsioni.”
Il centrodestra canta vittoria, dicendo che non ci sarà alcun aumento delle tasse sulla casa o della cedolare secca sugli affitti..
“Mi sono tenuto alla larga dal marketing pre elettorale e intendo continuare a farlo. Mi limito a ricordare che il fatto che sulla casa le tasse non sarebbero aumentate di un centesimo era scritto fin dal testo approvato in Consiglio dei ministri lo scorso ottobre.”
Chiuso il fronte col centrodestra si apre quello con Leu, che annuncia non voterà l’articolo 2 perché, alla fine, dice, l’Irpef continuerà a gravare su lavoratori dipendenti e pensionati.
“Detto che la riforma prevede fin dall’inizio di razionalizzare il sistema ma non, per esempio, di spostare il prelievo dall’Irpef ai redditi da capitale, ci può stare che, in una maggioranza molto eterogenea come questa, un partito non voti un articolo.”
Ma una riforma, come questa, che non prevede risorse finanziarie, che cambiamenti può realizzare?
“Tecnicamente non è necessario mettere le risorse nella delega. Il governo potrà sempre trovarle quando farà i decreti attuativi. Ricordo che l’anno scorso emersero 23 miliardi grazie alla crescita del Pil superiore alle attese e ci fu un solo partito che propose di utilizzarli tutti sulle tasse: Italia viva. Inoltre, ho presentato un mio disegno di legge per stabilire che tutti i soldi recuperati dall’evasione vadano automaticamente alla riduzione delle tasse. Adesso non è così.”
Per la riforma dell’Irpef quanto servirebbe?
“Per ridurre le aliquote a tre, a vantaggio dei redditi medio-bassi, 4 miliardi, mentre per estendere la cancellazione dell’Irap alle società di persone altri 2. In tutto, 6 miliardi, che possono essere trovati con la prossima manovra. Ma secondo me la priorità è il taglio dei contributi sul lavoro: troppo alti, come confermano i dati dell’Ocse”.
Per fare questa operazione Confindustria dice che servirebbero 16 miliardi.
“È complicato, certo. Ma oggi ci sono 18,4 milioni di contribuenti con redditi fino a 15 mila euro che pagano in media 17 euro di Irpef al mese e dunque non ci sono grandi margini fiscali. Bisogna tagliere i contributi”.
Sarà questo governo ad attuare la delega o quello che uscirà dal voto del 2023?
“La delega prevede 18 mesi per i decreti attuativi e quindi buona parte del periodo riguarderà il prossimo governo. Non sono un ingenuo, ma spero che almeno una parte della riforma venga messa in pratica da questo governo”.