Di fronte al rialzo dei tassi e alla fine del QE, la politica italiana ha due modi per reagire:
1) quello utilizzato finora da alcuni partiti.
2) quello utile a risolvere il problema.
Vediamo se c’è un modo per evitare di urlare alla luna, e alla pancia.
Nei prossimi mesi la politica italiana può seguire la strada più semplice, non a caso già inaugurata da qualcuno: “è tutto un complotto contro l’Italia, la Bce continui a comprare il nostro debito e stia zitta”.
Oppure può seguire un’altra strada: è quella indicata da mesi da Stefano Micossi (anche oggi su Il Sole 24 Ore).
L’obiettivo di evitare frammentazioni nel costo del credito e consentire un uniforme meccanismo di trasmissione della politica monetaria è sacrosanto: ma difficilmente può essere perseguito dalla Bce.
La ragione è semplice: può essere (forse) fattibile nel breve periodo, ma la Bce non può permanentemente intervenire sul costo del debito dei paesi membri senza accollarsi obiettivi che non le sono propri (redistribuzione rischi) o senza compromettere la sua missione principale (stabilità dei prezzi).
La soluzione deve venire dal fronte fiscale, non da quello monetario. E sul fronte fiscale vi è uno strumento del tutto sotto-utilizzato, forse perché destinatario della più grande campagna di menzogne nella storia recente: il Mes.
Ad oggi il Mes può essere utilizzato sostanzialmente per 2 scopi:
i) fornire assistenza finanziaria ai paesi in crisi di liquidità (qui ci sono condizionalita’ macroeconomiche)
ii) una linea di credito anti-pandemia (qui invece non ci sono condizionalita’ macroeconomiche)
Con l’accordo di tutti, può essere utilizzato come una vera e propria agenzia del debito europeo: può comprare i titoli attualmente in pancia alla Bce (in cambio di titoli-Mes) e garantire l’intervento country-specific – se necessario – con lo stesso meccanismo.
Sempre di redistribuzione (e condivisione del rischio) di tratterebbe – e quindi con tutti i problemi politici del caso – ma almeno svolto sul lato “giusto”: quello fiscale, e non quello monetario.
E ora la domanda finale, quella più importante: la politica italiana avrà la forza di studiare, comprendere e appoggiare questa “rivoluzione” in sede Ue (e saperla comunicare agli italiani) o preferirà la scorciatoia di ululare alla luna, con lo slogan più acchiappa-voti e con l’occhio al sondaggio del lunedì?
Staremo a vedere.