Intervista di Gianni Trovati su “Il Sole 24 Ore”, 6 agosto 2022
Il voto finale del Senato sulla delega fiscale è slittato a settembre perché il centrodestra temeva un blitz sui decreti attuativi, Catasto in testa. Giovedì sera il presidente del consiglio Draghi ha parlato di un «patto», approvazione della delega in cambio della garanzia che dell`attuazione si occuperà il prossimo governo. È una via percorribile? Luigi Marattin (Iv), che da presidente della commissione Finanze alla Camera prima ha promosso il documento unitario del Parlamento sulla riforma e poi da relatore ha condotto la delega al
primo via libera di Montecitorio, ha qualche dubbio. Perché?
«L’approvazione finale sarebbe la cosa più logica. Non si butterebbero via due anni di lavoro – che comprende anche le cose più realistiche proposte dal centrodestra – e la flessibilità dei decreti legislativi consentirebbe all’Italia di avere un nuovo sistema fiscale già nel corso del 2023. Si passerebbe insomma dalle chiacchiere ai fatti. Ma mi pare di capire che è proprio quello che alcuni partiti temono».
Ma l’ennesimo naufragio di una delega fiscale non indicherebbe un vizio strutturale nella capacità realizzativa della politica in Italia?
«Se non fossimo l’unica democrazia parlamentare d’Europa in cui due camere fanno lo stesso identico lavoro, la delega sarebbe già legge. Ma la vera disfunzione è sul piano politico. Chi fonda il proprio consenso su slogan e chiacchiere non può permettersi l’«onta» di fare le vere riforme: quelle realistiche, graduali, sostenibili. Per i populisti non c’è cosa peggiore che fare le cose sul serio: perché sporca la narrazione piena di fantasie irrealizzabili con cui fanno le campagne elettorali. Finché qualcuno gli crede, ovviamente».
Tra tasse di successione e Flat tax, l’ambizione di una riforma fiscale complessiva pare scomparsa con la crisi. Che spazio c’è nella prossima legislatura?
«Dipende se il 25 settembre gli italiani voteranno chi sa parlare di fisco solo con slogan sui manifesti elettorali (come la destra), chi sogna la patrimoniale (come la sinistra) oppure chi, come noi, con buon senso, chiarezza e riformismo pragmatico vuole modernizzare un sistema fiscale vecchio, ingiusto e inefficiente».
In che modo? Riprendendo integralmente la delega o correggendola in qualche punto?
«Partiamo dalla delega per costruire una proposta ancora più ampia: Irpef a tre aliquote con minimo esente e imposta negativa, aumento a mille euro della soglia dei fringe benefit, detassazione per gli utili societari trattenuti in azienda e tanto altro. Destinando alla riduzione delle tasse tutta la contrazione del tax gap ed eliminando l’aumento in termini reali dei consumi intermedi della Pa, possiamo destinare alla riforma fiscale un margine compreso tra i 15 e i 20 miliardi».