Nel 480 aC, dopo aver perso la battaglia navale di Salamina, l’imperatore persiano Serse diede ordine di frustare il mare.
Allo stesso modo, quando ci mettiamo (o stiamo per metterci) nei guai, noi italiani tendiamo a non esaminare mai le nostre scelte, e le loro conseguenze nel mondo reale.
Piuttosto, preferiamo “frustare” i mercati.
Dipinti sempre come sadici e oscuri manovratori, invece che per quello che sono: persone, aziende o istituzioni che ci prestano i loro risparmi ogni anno. Quei 300-400 miliardi euro cui abbiamo bisogno per mantenere la nostra macchina pubblica.
Soldi che – ma guarda un po’ che cattivi – queste persone pretendono prima o poi di avere indietro (con una remunerazione rapportata al rischio che corrono) magari perché rappresentano le future pensioni complementari di un operaio o i risparmi di una vita di qualcuno. Italiano o straniero che sia.
Se chi ci presta i suoi soldi vede che chi (secondo i sondaggi) vincerà le elezioni vuole rinegoziare il Pnrr, spendere decine e decine di miliardi di euro senza avere la più pallida idea di come coprirli, tornare indietro su tutte le riforme strutturali (dalla concorrenza alla vendita di Alitalia passando per la rete unica) senza avere idee precise su cosa si vuole fare, allora prendere una “posizione ribassista” sui mercati (cioè vendere allo scoperto titoli di Stato) non è nient’altro che la reazione normale.
Quella che ognuno avrebbe se stesse affidando i propri soldi a qualcuno non in grado di gestirli.
Lo so, alcuni di voi volevano sentirsi dire cose diverse. Che i mercati sono cattivi, che gli speculatori hanno ordito un complotto contro di noi.
Ma se cercate chi ve la racconta così, non temete: oggi ne troverete tanti.