Ci sono 9,3 milioni di italiani tra i 50 e i 60 anni, quindi molto interessati a politiche di pre-pensionamento generalizzate. Perché non c’è nulla di male a provare il desiderio di smettere di lavorare presto, per dedicarsi a hobby e famiglia.
Esattamente lo stesso numero (9,3 milioni) quelli tra i 20 e i 30 anni, che invece da quelle politiche sono danneggiati. Perché nel nostro sistema pensionistico (cosiddetto “a ripartizione”) le pensioni di oggi sono – è vero – ormai per la maggior parte dei casi commisurate a quanto versato ieri da chi sta andando in pensione, ma sono pagate dai contributi versati dai lavoratori di oggi. Un numero maggiore di pensionati significa – a parità di altre condizioni – un bisogno maggiore di prelevare contributi previdenziali dalle buste paga dei lavoratori lungo l’arco della loro vita lavorativa.
Il “mercato” elettorale quindi è lo stesso: 9,3 milioni di potenziali voti.
Rimane solo capire dove stia l’interesse generale.
Noi non abbiamo dubbi: pre-pensionamento (Ape Social) a 63-64 anni per i lavori gravosi e usuranti, e per il resto dedichiamo le risorse a ridurre le tasse e a supportare i giovani.