la mia intervista a Il Sole 24 Ore del 12 gennaio 2023
«La riforma del Mes non è quella definitiva ma è un passo importante. Nulla vieta di attribuire al Fondo altre funzioni, ma senza sovrapporle a quelle proprie della commissione». Luigi Marattin è responsabile economico della Federazione Italia Viva-Azione, quel Terzo Polo che è il principale sostenitore del Mes. E commenta con qualche perplessità le proposte lanciate l’altroieri su queste colonne dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Perché rietenete fondamentale un’immediata ratifica del Mes?
Il processo di integrazione europea fin dagli anni 50 ha funzionato per aggiustamenti graduali ma continui. La riforma del Mes non è quella definitiva e non disegna lo strumento perfetto; ma è un passo avanti importante, soprattutto per le crisi bancarie e il funzionamento delle linee di credito. Non vedo come affossare la ratifica ora possa favorire nell’immediato la «Riforma Perfetta».
Cosa pensa della proposta di farne una piattaforma di aiuti da finanziare con gli Eurobond?
Il primo Eurobond c’è già stato: si chiama Pnrr, emesso dalla Commissione Europea. Per rendere permanente l’emissione di debito comune per finanziare spesa pubblica europea – passo cruciale per l’integrazione economica – non serve altro che la volontà politica di rendere strutturale l’esperimento del Pnrr (e aiuterebbe molto dimostrare di sapere realizzare bene il Pnrr). Il Mes ha in origine un’altra funzione: evitare il fallimento di Paesi che perdono l’accesso al mercato dei capitali. Con la riforma si aggiunge una funzione analoga, di back-stop per le crisi bancarie. Nulla vieta di fornirgli altre funzioni, ma senza sovrapporle a quelle che, in un modello federale, sono proprie della Commissione. Negli Usa – se quello è nel lungo termine il nostro modello – i Treasury bond li emette il governo federale.
Come giudica l’idea di utilizzare il Mes come agenzia del debito?
È una proposta utile perché sposterebbe dal versante monetario a quello fiscale il debito emesso durante le crisi sistemiche di questi anni. Sarebbe un giusto equilibrio tra mutualizzazione del debito e responsabilità nazionali, e qualificherebbe ulteriormente il Mes come strumento per situazioni eccezionali. Lasciando agli Eurobond della Commissione il compito di realizzare quella condivisione del rischio fiscale che è essenziale per far avanzare il processo di integrazione.
Il Mes sanitario non è stato chiesto da alcun Paese: non è il segno di un problema strutturale?
È semplicemente il segno che in Europa quasi tutti si finanziavano a un tasso inferiore o simile a quello offerto dal Mes sanitario; pertanto, non avevano convenienza matematica ad accedervi. Tutti tranne Italia, Cipro e Grecia, ma questi ultimi due avevano già usufruito del Mes “generale”. L’Italia non ha utilizzato il Mes sanitario (rinunciando all’opportunità di ammodernare il nostro sistema sanitario) per la più grande campagna di menzogne degli ultimi decenni. La vittoria del populismo sulla ragione. Spero che ora la ratifica del Mes sia il segnale dell’inversione di questo trend che tanti danni ha fatto al Paese.