Breve riflessione per capire che anche sulle parole d’ordine tradizionali tra la sinistra Schlein-Landini-Conte e i liberal-democratici ci sono differenze.
E l’accusa secondo cui se non sei d’accordo con i primi allora vuol dire che difendi quattro picchiatori fascistelli è talmente ridicola e insultante da non meritare neanche commento.
La manifestazione di ieri di Firenze era stata organizzata per protestare contro l’aggressione squadrista a degli studenti del liceo Michelangiolo di Firenze, condannata dal Presidente della Repubblica ma (vergognosamente) non dal governo.
Ma è diventata, ci dicono gli stessi organizzatori, una manifestazione “per la difesa della scuola pubblica e della Costituzione”. Uno slogan stampato sulle magliette che si sono amorevolmente scambiati la neo-segretaria del Pd e il leader M5S, sotto la benedizione del segretario della Cgil.
Ma che vuol dire questo slogan?
Se “difesa della scuola pubblica” vuol dire limitarsi all’affermazione di principio secondo cui il sistema formativo ha un ruolo cruciale per la mobilità sociale, per la formazione del cittadino e per il capitale umano del futuro, siamo pienamente d’accordo.
Ho il sospetto però che non appena ci muoviamo dall’affermazione di principio alle cose concrete da mettere in atto per far passare questo principio dalle magliette alla realtà, ci ritroviamo su due binari totalmente e orgogliosamente differenti.
Proviamo a vedere?
Per molti nella piazza di ieri, “difendere la scuola pubblica” significa non toccare assolutamente nulla e limitarsi ad aumentare i finanziamenti per assumere o stabilizzare personale.
Per noi liberal-democratici nella scuola occorre una rivoluzione copernicana: Creazione di livelli di carriera del docente scolastico; aumento medio delle buste paga ma solo assieme a piena introduzione della valutazione del docente e differenziazione delle retribuzioni in base al merito; ulteriori incrementi retributivi per i docenti migliori che scelgono di essere assegnati a sedi in aree svantaggiate del paese; ripristino integrale dell’ alternanza scuola-lavoro e virata decisa verso il sistema di formazione duale; completamento del processo di autonomia degli istituti scolastici che da 25 anni trova resistenze.
Queste politiche sono, da coloro che erano in piazza ieri, giudicate adatte a raggiungere lo scopo di “difendere la scuola pubblica” o sono etichettate come “cose di destra e reazionarie” perché in fondo la scuola funziona bene così e basta solo metterci un po’ di soldi?
Passiamo alla “difesa della Costituzione”. Se si intende difesa dei valori fondanti della nostra Carta (in primis l’anti-fascismo), siamo completamente d’accordo.
Ma i liberaldemocratici sono convinti che l’architettura istituzionale prevista dalla seconda parte vada completamente rifatta.
Bicameralismo paritario, rapporti tra livelli di governo, organizzazione della giustizia e ruolo del premier vanno completamente cambiati. Semplicemente perché disegnano un assetto che non funziona più, come a microfoni spenti ammette ogni politico di qualsiasi schieramento.
Quello che serve secondo noi è una sola Camera da 600 membri; elezione diretta del premier; abolizione delle materie concorrenti e ridefinizione dei livelli di governo; separazione delle carriere dei magistrati. Riforme che servono ad adattare al 21esimo secolo un assetto deciso 80 anni fa.
Queste riforme – o parte di esse – sono considerate utili a rafforzare e rendere più efficiente la nostra democrazia o sono – come sempre accaduto – etichettate con disprezzo come “deriva autoritaria”?
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I liberal-democratici non devono soffrire di nessun complesso di inferiorità rispetto ai tanti conservatori (di destra e di sinistra) di questo travagliato Paese.
Non dobbiamo avere il minimo timore nel dire che la vera difesa di scuola e Costituzione passa attraverso radicali riforme per adeguarle ai nostri tempi, e non a quelli in cui furono disegnati.
Perché a noi gli slogan piacciono solo se cambiano davvero in meglio l’Italia è la vita delle persone, non se rimangono stampati sulle magliette.