Intervista con Enrico Marro per il Corriere della Sera del 26 marzo 2023
Mentre sindacati e sinistra sono pronti a scendere in piazza contro la riforma del Fisco, il Terzo polo, a determinate condizioni, potrebbe addirittura votare il disegno di legge delega, dice Luigi Marattin, deputato di Italia viva, già promotore nella scorsa legislatura dell’indagine parlamentare che fu alla base della riforma proposta dal governo Draghi e mai andata in porto.
Non state all’opposizione?
«Certo, ma siamo anche abituati a guardare i provvedimenti nel merito».
Com’è questa riforma?
«L’impianto è lo stesso della delega Draghi. Poi ci sono alcune aggiunte positive e altre negative. Per esempio, l’approccio sul tema della riscossione è positivo. Non ci sono condoni. È vero che ci sono misure di favore come il concordato biennale preventivo, ma c’è anche una svolta, rappresentata dall’accesso diretto all’anagrafe dei conti correnti: uno strumento efficace per la lotta all’evasione».
Quali le cose negative?
«Innanzitutto il riferimento alla flat tax. Anche se, a dire il vero, non compare tra i principi della delega, ma solo come obiettivo. Per dirla tutta, è un tweet elettorale di Salvini calato nel testo, senza conseguenze pratiche. In ogni caso, noi non siamo d’accordo e chiediamo al governo di togliere ogni riferimento all’aliquota unica. Inoltre, per noi la flat tax incrementale estesa ai dipendenti è un’inutile complicazione e proponiamo di sostituirla con la detassazione dei premi di produttività. Così come, al posto del taglio dell’Ires al 15% per le aziende che assumono – un altro tweet elettorale – sarebbe meglio rilanciare la decontribuzione sulle assunzioni. Infine, pur apprezzando gli articoli sull’abolizione delle microtasse e gli incentivi alla formazione di società di capitale tra professionisti, osserviamo che si potrebbe fare prima approvando le proposte presentate dal Terzo polo, in Parlamento, cosa che vale anche per lo Statuto del contribuente».
Per abbassare le tasse a famiglie e imprese servirebbero tanti soldi, ma la delega, come già la proposta Draghi, non prevede coperture. Quanto servirebbe?
«Ho sempre detto che per una riforma seria servono dai 10 miliardi in su. Il fatto che le deleghe non indichino la copertura è normale. Il governo ha 24 mesi per emanare i decreti attuativi e lì dovrà trovare le risorse necessarie».
Basterà il taglio delle tax expenditure?
«Osservo che nella precedente legislatura il centrodestra criticava l’ipotesi di tagliare le tax expenditure, dicendo che non si può dare con una mano e togliere con l’altra. Ora sono felice che abbiano cambiato idea. Ma è evidente che questa voce non basta. Il governo dovrebbe dire che dal 2025 la priorità è il taglio delle tasse e destinare a questo le risorse, cominciando da quelle recuperate con la riduzione del tax gap».
Condivide l’idea di ridurre a 3 le aliquote Irpef?
«Sì, sarebbe il secondo modulo della riforma Draghi, che aveva iniziato portando le aliquote da 5 a 4. Noi avevamo preparato il passo successivo. Tre aliquote: 23% fino a 28 mila euro, 33% tra 28 e 50 mila, 43% oltre. Bisognerebbe ripartire da lì».
E voi sareste pronti a votare la riforma in Parlamento?
«Sì, ma solo se il governo togliesse quelle parti sulle quali non siamo d’accordo».