la mia intervista a il Resto del Carlino – Nazione – Giorno
Luigi Marattin, esponente di Italia Viva, renziano, perché è esploso il Terzo polo in modo così devastante?
Da 30 anni in Italia non abbiamo partiti, ma formazioni che nascono, crescono e spesso muoiono sulla base della figura del fondatore; e quando tentano una strada diversa, come il Pd, finiscono per risultare in confederazioni di correnti che sono a loro volta raggruppamenti personali. È chiaro quindi che sarebbe stato difficile, a maggior ragione perché il nuovo partito dovrebbe rompere un assetto bipolare che, soprattutto nelle elezioni locali, sembra invincibile. A questo si sono aggiunte problematiche specifiche su cui non mi interessa ora ritornare.
Azione imputa ad Italia Viva di non aver nessuna intenzione di sciogliersi in un unico soggetto terzo visto che Renzi vuole tenere in vita la Leopolda e non solo. Per quale motivo tenere in piedi un soggetto politico se si punta verso un soggetto unitario?
Non è esatto. Abbiamo semplicemente detto che avremmo sciolto Italia Viva e Azione all’atto della fondazione del nuovo partito, e non quattro mesi prima. Una cosa del tutto ragionevole, per non rimanere molto tempo senza alcuna forma giuridica, con tutte le conseguenze del caso. Non so quante società avete visto sciogliersi non all’atto della fusione, ma diversi mesi prima.
Alle politiche, il Terzo Polo ha portato a casa un lusinghiero 8%, ma adesso dove finiranno questi voti?
Il progetto non è finito. Sui territori, e mi pare anche a livello nazionale a questo punto, c’è una comunità liberaldemocratica che ha a cuore gli interessi del paese più di quanto non abbia quelli relativi alla nostra visibilità o alle nostre carriere. Dobbiamo trovare le forme più adeguate per tenerlo vivo, su basi evidentemente diverse ma con lo stesso obiettivo: quello di offrire una sponda liberale e riformista a quegli italiani che non si riconoscono nei sovranisti, nei populisti e nei conservatori, siano essi di destra o di sinistra.
Ripartire da una coalizione di centro potrebbe essere una strategia, ma alle elezioni Europee come pensate di presentarvi?
Alle Europee manca un anno, che in Italia equivale ad un’era geologica. Un anno fa, per dire, eravamo nel pieno del governo Draghi e di tutte le aspettative che aveva generato. Vedremo. L’importante è imparare ad avere il passo giusto: se si crede alla portata culturale, prima che politica, del progetto, allora dobbiamo anche iniziare a non far dipendere la sua sopravvivenza da questa o quella elezione. I processi politici hanno bisogno di tempo per farsi strada nella società, soprattutto dopo gli anni orrendi che abbiamo vissuto.
Ultima domanda: sotto il profilo squisitamente parlamentare, nel caso in cui ogni tentativo di accordo con Azione dovesse venir meno, resterete all’opposizione?
Si. L’attuale centrodestra di riformista e liberale non ha nulla, e risente ancora del picco della stagione populista. Quando riusciremo a scardinare questo bipolarismo “da curve ultrà”, e ricostituire partiti basati su culture politiche e non sulla logica del Capo, sono convinto che avremo sorprese. È un percorso lungo, come dicevo. Ma noi abbiamo voglia di metterci in marcia.