L’argomento della settimana è la plateale protesta di alcuni studenti in alcune città italiane contro la scarsità di alloggi universitari, e/o il loro costo eccessivo.
Argomento ghiotto per le “curve ultrà”, che si sono immediatamente fiondate nel “dibattito”.
Da una parte, accuse agli studenti di non essere più disposti a fare sacrifici per studiare (o ai sindaci di una determinata parte politica); dall’altra, accuse ai privati di voler biecamente speculare sugli affitti.
Poco male. Prevedo altri 4-5 giorni di “dibattito” così (con immancabili collegamenti Tv con gli studenti in tenda) poi le curve ultrà si stancheranno e – con un occhio al sondaggio del lunedì – passeranno al prossimo argomento.
Come si può, invece, fare qualche riflessione più meditata, per capire come effettivamente risolvere il problema?
Il primo punto è piuttosto stupefacente. Il Pnrr ci assegna un obiettivo: realizzare 60 mila posti letto aggiuntivi per universitari (il 125% in più rispetto ad oggi) entro il 2026.
Ma non si limita a questo: ci fornisce anche le risorse per farlo, circa un miliardo.
Insomma, il sogno di qualsiasi odiatore seriale del liberismo e dell’austerità: l’Europa ci dà le risorse, alcune regalate, alcune quasi gratis, per “spendere di più”.
In questo articolo Alessandro Santoro spiega con estrema chiarezza come siamo stati in grado di sprecare questa occasione.
Allora ecco la prima riflessione: ma se neanche quando ci regalano i soldi per fare le cose riusciamo a farle, di cosa esattamente stiamo parlando?
Il secondo punto attiene al rapporto con i privati.
Recentemente in una piccola-media città del nord (che ha visto negli ultimi anni crescere impetuosamente gli iscritti alla propria università) un privato si è fatto avanti proponendo di investire 75 milioni di euro in un progetto di riqualificazione urbana che proponeva di trasformare una vecchia caserma abbandonata da 30 anni in pieno centro città in una residenza universitaria da 400 posti.
Dopo poco tempo, il privato è dovuto scappare a gambe levate a causa della reazione rabbiosa della città e di due terzi delle forze politiche. Motivo? All’interno del progetto – per garantirne la sostenibilità economica a fronte della riqualificazione di altre aree – c’era anche la realizzazione di un punto vendita commerciale. Che dava fastidio a molti, evidentemente. La “scusa” è stata che era troppo vicino alle – bellissime – Mura medioevali della città.
È così, niente progetto, niente riqualificazione. E niente studentato. L’ultima volta che sono stato in quella città, c’erano un gruppo di studenti fuori-sede che protestava per gli affitti: attorno, a coccolarli e a cercare i flash dei fotografi, gli esponenti delle forze politiche che avevano affossato il progetto.
Morale della favola: prima di accusare gli studenti di essere lavativi o i proprietari di immobili di essere speculatori, non varrebbe la pena fare una seria riflessione su perché il potere pubblico non è in grado di realizzare residenze universitarie né quando i soldi ce li mette l’Europa né quando ce li mettono i privati?