La mia intervista con Alberto Gentili per Huffington Post del 28/09/2023
Luigi Marattin, dopo il rinvio deciso dal governo a giugno, tra qualche settimana dovrebbe tornare in aula la ratifica del trattato di riforma del Mes. Come finirà?
Mi pare di capire che la maggioranza stia cercando di usarla come arma di ricatto. Sta dicendo alla Ue: “Fammi fare tutto il deficit che voglio, e in cambio magari ti farò il favore di prendere in considerazione la ratifica del Mes”. Un atteggiamento da bulli internazionali, più che da Paese fondatore.
La Lega vorrebbe rinviare il voto sul Mes a dopo la fine della sessione di bilancio, dunque a gennaio. In base ai regolamenti della Camera è possibile?
Non si può chiedere una ulteriore proroga come quella già votata. La maggioranza può usare altri metodi per scavallare qualche settimana, ma non potrà rimandarla ancora per molto. In altre parole, prima o poi dovranno venire in Parlamento e votare la mia proposta di legge di ratifica. Saremo lì ad aspettarli.
Perché secondo lei è giusto e utile dire sì alla riforma del Mes?
Il Mes è un defibrillatore che si mette a bordo campo per salvare la vita a qualcuno in caso abbia un attacco cardiaco. Esattamente come l’ha salvata finora in diversi Stati europei. La riforma lo rende un defibrillatore ancor più efficiente e utilizzabile anche per altre emergenze (in primis grandi crisi bancarie). Non c’è un solo argomento razionale per dire no, e infatti lo hanno già ratificato tutti in Europa senza che neanche un blogger sovranista si alzasse per dire le scemenze che si dicono da dieci anni in Italia.
Quali conseguenze politiche ci sarebbero se la Lega votasse no insieme a M5S e la ratifica passasse con la maggioranza spaccata?
Semplicemente dimostrerebbe che la Lega non è un partito che lavora per far avanzare l’integrazione europea, come del resto già dimostra la sua collocazione nel Parlamento europeo, assieme alla Le Pen e all’ultradestra tedesca di Afd.
Sotto il profilo tattico Meloni difficilmente può sfidare Bruxelles sul Mes e allo stesso tempo chiedere più spese in deficit. Non crede?
Eppure è esattamente quello che sta facendo. Ma Meloni dimentica che sui nostri conti pubblici c’è un giudizio più importante di quello della Ue: quello di chi ci presta 400 miliardi all’anno dei propri risparmi per “mandare avanti la baracca” in Italia. Vedremo come reagiranno i mercati alla politica economica di Meloni.
Lei quale strategia adotterebbe?
Invece di ricattare l’Europa sulla ratifica del Mes, il governo dovrebbe usare il proprio peso politico (se ritiene di averlo) per promuovere un grande scambio: da un lato abbandonare le assurde pretese di scorporare dal Patto di Stabilità una serie di spese, e adottare quindi regole fiscali più cogenti, per venir incontro alle esigenze dei Paesi del Nord; in cambio, iniziare quel necessario percorso (che anche Draghi ha recentemente richiamato) per far sì che i beni pubblici europei (difesa, immigrazione, etc) nonché le grandi politiche per la transizione digitale, ecologica e per la competitività globale siano finanziate dall’emissione di un safe asset europeo, della cui esistenza beneficerebbe anche il meccanismo di trasmissione della politica monetaria della Bce.
Che giudizio dà sulla Nota di aggiornamento del Def varata ieri dal governo?
Mi pare si vada verso una manovra per due terzi in deficit. Che dal 2023 al 2024 scende solo per un effetto contabile: poiché Eurostat ha fatto caricare tutti i lavori del Superbonus sul deficit 2023, quest’ultimo è artificialmente più alto di un punto rispetto a prima. Quindi se parti da un punto più alto (deficit 2023) puoi permetterti di avere anche un punto di arrivo (deficit 2024) più alto rispetto a quanto avresti altrimenti fatto, e comunque poter dire di essere sceso. Ma è solo un effetto ottico: infatti il debito non scende, e vedremo su questo cosa diranno Ue e mercati.
Crede che la manovra riuscirà a spingere la crescita?
Direi proprio di no. Ma sono in attesa di leggere la Nadef attentamente, visto che non è stata ancora pubblicata. Di certo una manovra che per la metà è dedicata semplicemente a non aumentare il cuneo fiscale difficilmente potrà spingere la crescita del Pil di due decimali, dal 1% tendenziale al 1,2% programmatico per il 2024. Sarebbe il primo caso nella storia dell’economia di un Pil che sale non per una riduzione di tasse, ma per un non aumento.
Italia viva ha spesso sostenuto il governo su temi come la giustizia. Potrebbe sostenere anche la legge di bilancio nel suo percorso parlamentare?
Come sempre, noi non giudichiamo i provvedimenti da quanto simpatici ci stanno quelli che li propongono, ma da cosa c’è scritto dentro e quanto è utile all’Italia. Quando la legge di bilancio arriverà, la valuteremo. Per ora le premesse non sono certo incoraggianti.
Un giudizio sui ripetuti attacchi di Meloni e Giorgetti al Superbonus?
Propaganda a parte, le decisioni di Eurostat aiutano il governo sul fronte del deficit, perché liberano spazi sul 2024 e anni seguenti. Non influiscono sulla dinamica del fabbisogno di cassa (e quindi del debito pubblico) perché l’impatto su queste grandezze continua a essere pro-quota anno per anno. Su questa vicenda, tuttavia, è il momento di un’operazione-verità. Il vero dramma di questa storia, su cui cercammo invano di convincere i M5S a desistere nel maggio 2020, non è stato tanto il 110% (che pur, alla prova dei fatti, si è dimostrato troppo costoso rispetto ai risultati prodotti) ma il fatto che i suoi crediti d’imposta (assieme a quelli di ogni altro bonus edilizio) furono resi liberamente circolabili e senza alcun controllo. I M5S insistevano su questo punto perché avevano letto, forse su Topolino, che così si faceva la “moneta fiscale”. E per quanto ci sforziamo di dimenticarlo, ma in questo Paese abbiamo vissuto una fase in cui gente che leggeva solo Topolino è stata ai vertici della Repubblica.
Può essere più preciso?
Il decreto in cui queste sciocchezze erano contenute era il decreto Rilancio del maggio 2020, il più grande decreto della storia repubblicana, per decine e decine di miliardi di aiuti e centinaia di misure che erano necessarie per non far soccombere il Paese sotto i colpi della pandemia. I M5S condizionarono il via a quel decreto con l’inserimento di Superbonus e cessione libera dei crediti. E in quel Parlamento i grillini avevano 300 parlamentari su 900. Non perché lo avessero occupato militarmente, ma perché il 4 marzo 2018 13 milioni di italiani li avevano votati.
Non erano solo i grillini a volere il Superbonus…
La lista di coloro che hanno in ogni occasione spinto per prorogare o estendere cessioni e superbonus è molto lunga. Vi invito ad andare a riprendervi dichiarazioni di Salvini, della Meloni e di tutto lo stato maggiore di quei partiti. Erano i più sfegatati sostenitori del Superbonus e delle varie proroghe. E Giorgetti, che ora dice di avere il maldipancia quando pensa al Superbonus, forse all’epoca usava un buon gastroprotettore, chissà.