L’istituzione di un premio di cucina del valore di 2.000 euro.
La regolamentazione di quando si possono accendere i fuochi (e come ci si può vestire con i costumi d’epoca) durante le manifestazioni che rievocano fatti storici.
La promozione della mototerapia ( = far andare i malati in motocicletta per aiutarli a guarire).
Sono le leggi che il parlamento ha istruito, discusso e votato negli ultimi mesi. L’ultima, questa mattina.
Prima che qualche indignato si indigni, sono tutti argomenti degni di qualche – o moltissimo – interesse.
Ma per nessuno di questi temi serviva scrivere, depositare, istruire (con tutto il lavoro annesso) e approvare un disegno di legge: bastava un atto amministrativo, forse persino una circolare.
Per il resto dell’attività, il parlamento discute e approva ordini del giorno ( = pezzi di carta di nessun valore pratico) o mozioni. Queste ultime avrebbero in teoria la funzione di indirizzo politico del governo, ma siccome nessun governo anche solo parzialmente sano di mente si fa indirizzare da un istituzione che funziona in questo modo, nella pratica sono solo straordinari e contrapposti esercizi di retorica linguistica che hanno, anch’essi, valore pari assolutamente a zero.
Se continua così, sarà difficile dar torto a chi un malaugurato giorno dovesse alzarsi e dire che il parlamento non serve a niente. E chissà, forse è proprio lì che si vuole arrivare.
Ma come in tutte le cose che in Italia non funzionano (più), il modo per sistemare le cose ci sarebbe.
Una camera sola (invece che due che fanno la stessa identica cosa), una riforma dei regolamenti parlamentari, l’istituzione di obbligatorie sessioni specifiche in cui il parlamento ascolta e studia le grandi problematiche del nostro tempo (oggi ci sono le audizioni in commissione, in cui partecipano in media uno o due deputati per volta, o le indagini conoscitive che sono affidate al buon cuore di qualche presidente di commissione).
Così il Parlamento tornerebbe forte, e sarebbe un contraltare ad un governo che si vuole giustamente forte. Poi magari sarebbe ancora meglio se la qualità media di noi politici (tutti eh, nessuno escluso) fosse più alta, ma questo è un discorso troppo complicato da fare ora.
Rimane solo un pensiero amaro, che non puoi neanche fare ad alta voce perché rischi di passare per ingrato o snob: quello di chi, magari da ragazzo, sognava di arrivare nel luogo dove la democrazia italiana è nata e ha fatto grandi cose, per poter contribuire a cambiare in meglio la vita dei propri connazionali.