Il racconto di Scurati non era (solo) un ricordo di Matteotti: era un attacco politico alla presidente del Consiglio.
Io lo condivido nel merito; ma questo non ha la benché minima importanza, così come non ha importanza che lo condivida o meno ciascuno di voi.
Il punto è che la tv pubblica, a 50 giorni da importanti elezioni europee, ha ritenuto opportuno non mandare in onda un attacco politico del genere senza contraddittorio.
Le questioni per quanto mi riguarda sono due:
1) in un mondo ideale, l’atteggiamento della Rai è comprensibile. Ma viviamo invece in un contesto in cui la tv pubblica (sotto i governi di qualsiasi colore) è asservita al potente di turno. A chi ha preso quella decisione ieri mi verrebbe da chiedere se ritiene ugualmente rispettoso il titolo del Tg1 “mille euro al mese agli anziani, si vota il 9 giugno” a fronte di un provvedimento che invece sarà – in futuro – per poche migliaia di persone e non certo di mille euro al mese.
La verità è che invece di continuare ogni volta con questo giochino, occorrerebbe vendere le reti RAI al mercato (tenendone solo una, senza pubblicità, e con una governance modello BBC) e rafforzare il potere e il raggio di intervento dell’Autorita’ Garante per le Comunicazioni.
A fronte di una tv pubblica così, preferisco centomila volte il mercato.
2) E’ stupefacente come questo paese riesca ad infiammarsi in questo modo solo per questioni riguardanti il passato. Usassimo un decimo di questa animosità per discutere di produttività, Europa, debito pubblico, demografia, ecc, saremmo di gran lunga la prima economia al mondo.
E a chi nei commenti mi chiederà se non sono preoccupato per il ritorno del fascismo, rispondo di no. Non temo per la liberta del mio paese, e credo che i problemi di scarsa qualità della democrazia vengano da altro (il ruolo dei social, la qualità dell’informazione, l’avvitamento dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni repubblicane) e non dai tweet di Lollobrigida e Donzelli.
Di chi mi governa ora non temo le pulsioni autoritarie. Temo molto di più l’ignoranza e l’incompetenza di alcuni di loro.
E così, anche quest’anno ci apprestiamo a passare un 25 Aprile dibattendo per alcuni giorni di quanto siamo fascisti e quanto siamo comunisti.
Triste spettacolo di un paese che, incapace di andare avanti, non trova niente di meglio da fare che guardare costantemente indietro.
E per giunta senza neanche arrivare, 80 anni dopo, a vedere la stessa cosa.