La mia intervista con Aldo Torchiaro per il Tempo del 14 novembre 2024
L’elezione di Trump parla anche all’Europa, anche a noi. E ci dice che se non si cambia registro e si parla di cose concrete, alla classe media, le elezioni non si vincono più…
Le complessità del mondo globalizzato continuano a trovare la risposta più facile nel populismo. Il trionfo di Trump dimostra che il tradizionale segmento destra-sinistra non è adatto a sconfiggere il populismo, ma solo a diventarne preda. Il populismo di Trump ha fatto un’OPA sulla destra liberale americana, che in buona parte lo ha avversato. Ecco perché occorre andare oltre quegli schemi, che sono stati travolti dalla globalizzazione.
Nel frattempo, Milei, effettivamente, ha portato l’inflazione sotto al 3% e cancellato le spese improduttive. Bisogna andare oltre i vecchi schemi destra-sinistra, per digerire la novità?
Esattamente. Paragonare Argentina e Italia sarebbe sciocco, sono contesti radicalmente diversi. Ma la scure sugli sprechi pubblici che Milei sta usando con successo e su cui ha ottenuto il consenso popolare, è qualcosa da cui dovremmo imparare. Peccato che in Italia sia la destra che la sinistra usino da sempre la spesa pubblica per comprare consenso. Ecco cosa impedisce alle tasse di scendere davvero.
Draghi dice che è urgente un’agenda che dia all’Europa una identità chiara, e magari una politica estera comune e un’eurodifesa. Anche perché Trump disimpegna l’esercito americano.
La chiave è devolvere al bilancio UE parte dei gettiti IVA nazionali per devolvere parallelamente le competenze sulla produzione di beni pubblici europei: difesa, ricerca, competitività, immigrazione. Al contempo ovviamente rendendo più democratica la struttura istituzionale della UE.
Rispetto alla manovra qual è la sua posizione?
Dalle pensioni alla spesa pubblica, dalle auto elettriche al Pos, contiene l’esatto opposto delle panzane populiste che il centrodestra ha sostenuto per anni per prendere il consenso. Per questo non mi dispiace. Ho dichiarato che se fa sei modifiche puntuali la voto.
Come procede il percorso di organizzazione del nuovo partito? Quali le prossime tappe?
Il 23 e 24 novembre a Milano facciamo partire un percorso costituente, con una due-giorni piena di giovani, dibattiti, idee e riflessioni. Abbiamo già più di 1.500 iscritti, e stanno aumentando. L’obiettivo non è l’ennesimo partitino ma creare le condizioni per arrivare, entro un anno, ad un unico partito liberal-democratico e riformatore, dalla leadership pienamente contendibile. E che abbia un’identità politica chiara, una classe dirigente diffusa e un protagonismo dei territori. Su queste basi auspico l’apertura di un dialogo con i partiti che sono rimasti in quell’area e che non hanno ceduto alle illusioni del campo largo. Pronti a collaborare con lealtà e rispetto.
Esiste uno spazio per una terza forza liberaldemocratica, oggi?
La scommessa di innestare liberalismo in ciascuno dei due poli è fallita: il motore di quelle coalizioni è il populismo, e lo sarà sempre. Tra tre anni, invece, coloro che credono in atlantismo, meritocrazia e pari opportunità, riduzione della spesa pubblica, mercato e concorrenza, e ruolo dello Stato come mezzo per realizzare le condizioni affinché ogni individuo realizzi liberamente il proprio potenziale, devono stare tutti in uno stesso unico grande partito. Che dia rappresentanza politica a quel pezzo di Italia che è stanca delle curve ultrà e che non si rassegna al declino.