Slancio riformistaI liberaldemocratici avranno un loro partito, e non si alleeranno coi populisti.

La mia intervista con Alessandro Cappelli per Linkiesta del 30 gennaio 2025.

Il prossimo 8 marzo Orizzonti Liberali, LibDem, Nos e Liberal Forum presenteranno una nuova formazione politica centrista, atlantista, europeista, equidistante dagli estremisti di destra e di sinistra. «Per tornare a contare, il Terzo Polo deve essere autonomo e camminare da solo», dice Luigi Marattin

È vero che i liberaldemocratici faticano a rialzarsi dalle ultime batoste elettorali. È vero che negli ultimi anni i tentativi di rimettere insieme i cocci del Terzo Polo sono stati tutti più o meno fallimentari. È vero che nemmeno l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca con la sua cricca di broligarchi sembra aver riportato al centro del dibattito pubblico l’agenda riformista. Ma lo spazio per la politica liberaldemocratica non è finito, quell’area politica non è irrimediabilmente scomparsa, anzi. Sabato 8 marzo a Roma verranno presentati nome, simbolo, manifesto, statuto e principali proposte programmatiche di un nuovo soggetto politico che – come annunciato lo scorso novembre a Milano – unirà Orizzonti Liberali, LibDem, Nos e Liberal Forum. È un modo per ridurre la frammentazione dell’area, un primo passo indispensabile per tornare a contare.

«A marzo ci sarà la presentazione di tutto ciò che costituirà il nuovo soggetto politico, anche con interventi di ospiti esterni che discuteranno con noi la sostanza di questo partito», dice a Linkiesta Luigi Marattin, deputato ex Italia Viva e fondatore di Orizzonti Liberali, l’associazione di cultura politica che sogna di riportare in Italia un’offerta politica autenticamente liberaldemocratica e riformatrice, in opposizione a conservatorismi, sovranismi e populismi di destra e di sinistra.

Per avere unico partito dell’area liberaldemocratica bisognerà tenere lontani, almeno per un po’, quei litigi che puntualmente affossano ogni progetto di questo tipo. Poi bisognerà fare una ricognizione per individuare le forze giuste su cui contare: «Gli attori terzopolisti non sono Italia Viva, Più Europa, i socialisti», dice Marattin, anche in risposta all’articolo di Mario Lavia pubblicato ieri su Linkiesta. «Perché loro hanno scelto, legittimamente, di stare nel campo del centrosinistra, e per noi non sono interlocutori. Rispettiamo le loro decisioni ma probabilmente sono loro i primi a non avere interesse a stare in un partito del genere: sono nel centrosinistra per scelta, non credo che lo nascondano».

Può esserci spazio invece per Azione, che ha scelto di fare un congresso a febbraio e magari anche dopo ci sarà spazio per un dialogo. In ogni caso, la nuova forza politica dovrà avare autonomia totale rispetto agli altri schieramenti politici: «Questa formazione – spiega il deputato – deve orgogliosamente andare da sola, perché il fine ultimo è formare un governo senza populisti di destra e senza populisti di sinistra, ponendosi come unico voto utile per raggiungere questo obiettivo».

Una delle battaglie cardine di Marattin è quella del leader, visto solo come uno degli elementi costitutivi di una formazione politica liberaldemocratica, non una figura totalizzante. «È la mia perversione», scherza. Negli ultimi anni tutte le esperienze politiche sono nate attorno a un condottiero o una condottiera e poco altro. Invece l’8 marzo il mondo liberaldemocratico vorrebbe fare esattamente il contrario: «Questo leaderismo è il virus dei partiti personali che secondo noi ha fatto tanto male alla politica», dice Marattin. L’idea è di partire da quattro pilastri. La figura del leader c’è – «Non esiste progetto politico senza una leadership, anche forte, invece non credo nei padroni dei partiti» – ma è affiancata da una precisa idea di società, una classe dirigente diffusa e un’organizzazione, «perché un partito non è un fan club ma si organizza, e noi lo faremo con proposte programmatiche che andranno dalla sanità al fisco, alla scuola, al lavoro, e saranno diverse da quelle degli altri partiti».

Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare il programma definitivo dell’evento – sul quale Marattin non concede spoiler – e dal momento in cui finirà l’iniziativa dell’8 marzo verrà aperto il tesseramento, che durerà circa tre mesi. In estate ci sarà il congresso fondativo per eleggere i gruppi dirigenti. È un percorso inverso rispetto ai partiti personali: prima tutto il partito, il leader come pezzo finale del puzzle.

Il progetto di Orizzonti Liberali, LibDem, Nos e Liberal Forum è anche una risposta a chi vorrebbe incorporare il centro liberaldemocratico nel centrosinistra. Lì, dicono, non c’è margine: gli elettori moderati di quel campo votano Partito democratico. «È diventata quasi una disputa religiosa», dice Marattin. «C’è chi è convinto di dover andare con la sinistra, chi è convinto del contrario. Io penso di no, perché oggi un moderato di centrosinistra, pur storcendo il naso di fronte a [Giuseppe] Conte e a [Nicola] Fratoianni, vota già Partito democratico».

In fondo vale lo stesso per il centrodestra: un elettore allergico agli estremismi di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, e che allo stesso tempo non vuole la sinistra al governo, vota Forza Italia. Nonostante i tentennamenti degli ultimi anni, il partito fondato da Silvio Berlusconi raccoglie gli elettori di centrodestra che chiedono di stare lontani dagli estremismi. «La mancanza di rappresentanza politica quindi non è a destra o a sinistra, ma è in quella fetta di elettorato che non vuole vedere al governo né Maurizio Landini né Salvini perché non vuole i populisti», dice Marattin. Da qui nasce anche l’ambizione, che è anche un po’ cocciutaggine, di provare ancora una volta con la formazione di una nuova forza centrista, atlantista europeista e liberista.

Alle ultime elezioni politiche, nel 2022, ci sono stati sedici milioni di astenuti – Fratelli d’Italia ha superato di poco i sette milioni di voti. Sono numeri che lasciano intuire spazi più o meno grandi da esplorare (le «praterie» di cui parlava Matteo Renzi). «È evidente che per arrivare alla doppia cifra percentuale devi avere un’unica formazione, non devi averne due o tre. È per questo che vogliamo fare un percorso con chiunque voglia rimanere autonomo dai due poli per arrivare al momento delle politiche a un’unica formazione. Altrimenti vuol dire ripetere gli stessi errori del passato», spiega Marattin.

Il modello a cui guardare ci sarebbe. Uno su tutti, i libdem britannici. Dopo anni di disfatte elettorali hanno fatto il reset e sono ripartiti. Alle ultime elezioni, la scorsa estate, hanno sfiorato il dodici per cento. Per di più in un sistema incardinato su un bipolarismo statico e immutabile, con un maggioritario vero. Poi c’è ovviamente la famiglia europea di Renew Europe, a cui sono da sempre legati i liberali italiani. Ma si guarda in particolare all’esperienza di Emmanuel Macron in Francia, anche se alcuni lo definiscono politicamente morto: «Macron non va più di moda, ma ha preso il venti per cento; firmerei per numeri simili, come firmerebbero quasi tutti i partiti italiani».

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