Come ovvio, giudicheremo quando sarà possibile leggerlo. Ma intanto, cosa ci dice questa vicenda? Alcune cose interessanti. Vediamo.
La riforma del Codice degli Appalti (che dal 2015 in poi ne ha passate di tutti i colori, aumentando incertezza e complessità per imprese e pubblica amministrazione) è un obiettivo Pnrr, da raggiungere entro il prossimo marzo.
Il Governo Draghi aveva scritto e fatto approvare la legge delega, ma aveva a sua volta “appaltato” al Consiglio di Stato la predisposizione del decreto legislativo. Che in pratica È il nuovo codice degli appalti.
Questa decisione aveva fatto alzare qualche sopracciglio, essendo il Consiglio di Stato spesso identificato (quasi sempre a torto) come la “casa madre” dei burocrati. Ieri il lavoro è stato consegnato al premier Draghi, che lo lascerà sulla scrivania per chi verrà dopo, tra qualche giorno.
Oggi Il Sole 24 Ore pubblica qualche anticipazione, oltre all’intervento di Luigi Carbone (ex-capo di gabinetto Mef), che ha svolto il ruolo di presidente della Commissione interna al Consiglio di Stato che ha coordinato i lavori.
La prima novità è importante: il codice è auto-applicativo, cioè non ci sarà bisogno di provvedimenti attuativi (quelli che in passato hanno creato i problemi maggiori). Sul resto dobbiamo per ora affidarci agli “annunci”: revisione dei prezzi rapida e automatica, maggiore digitalizzazione, abolizione del progetto definitivo, maggiore semplificazione, maggiore definizione delle responsabilità del Rup (ma anche maggior tutela per quest’ultimo, per impedire la “paura della firma”).
Vedremo.
Intanto ho notato un aspetto: chi ha familiarità con le leggi sa che ci sono locuzioni molto frequenti, una delle quali è “nei casi in cui”. In questo provvedimento, invece, si scriverà semplicemente “quando”.
Che è la stessa cosa, ma meno burocratico.
È un piccolissimo muro che cade: quello di chi credeva che una legge è tanto migliore quanto più non si capisce nulla quando la si legge. Ed è significativo che a far cadere questo minuscolo muro (tra i tantissimi che ce ne sono) sia stato proprio il Consiglio di Stato.
Per il resto, non ci rimane che sperare che non sia l’unica vera semplificazione!