Ora possiamo verificare a quanto ammonta davvero il “più grande taglio di tasse sul lavoro degli ultimi decenni” (o il “taglio medio di 100 euro al mese”).
Vediamo.
La relazione tecnica all’articolo 39 ufficializza che il governo ha stanziato risorse solo sul 2023 pari a 3,4 miliardi di indebitamento netto per ridurre il cuneo contributivo dal 1 luglio al 31 dicembre ai redditi inferiori ai 35 mila euro lordi annui. Non ci sono risorse sugli anni seguenti.
Ieri Il Sole 24 Ore a pag 5 ha pubblicato una tabella dettagliata di simulazioni sull’impatto netto in busta paga:si va dai 23,69 euro mensili di chi guadagna 10 mila euro annui, ai 60,65 euro mensili per chi ne guadagna 35 mila.
La riduzione media è quindi circa 40 euro al mese. Se gli 80 euro di Renzi erano, a detta della Meloni, una “mancia elettorale”, qui siamo in presenza di una “mezza mancia elettorale”.
Interessante notare come ai famosi “100 euro” sparati dalla propaganda, non si arriva neanche – e non certo in media, ma come valore massimo – sommando il taglio già fatto da Draghi (e che opera nelle buste paga da circa un anno e mezzo).
In conclusione.
In Italia ogni centesimo tagliato su tasse e contributi sul lavoro è la cosa giusta da fare. Ma in questa vicenda ogni persona di buon senso non può evitare di farsi due domande.
1) Ha senso tagliare il cuneo solo temporaneamente, mettendosi nella difficilissima condizione di dover trovare – tra 4 mesi in legge di bilancio – ben 10 mld solo per evitare che i contributi sul lavoro – nella notte di capodanno – aumentino di 10 mld annui?
E se per caso li dovessero trovare, diranno che hanno ridotto le tasse di altri 10 miliardi oppure – come è nella realtà – che rispetto alla busta paga di fine dicembre non cambia neanche un centesimo?
2) C’era davvero bisogno di affiancare questa mossa (molto discutibile nelle modalità ma giusta nel merito) toni di propaganda degni delle televendite di Wanna Marchi e del Mago Do Nascimiento?