Marattin: “Sì ad Azione, senza Calenda”

la mia intervista con Simone Arminio per il Quotidiano Nazionale – La Nazione – Il Giorno

Pronti, via. All’indomani delle Europee, con gli Stati uniti d’Europa fermi a un magro 3,8%, Matteo Renzi si è detto disponibile a farsi da parte annunciando il congresso di Italia Viva. Subito dopo Luigi Marattin, economista e deputato renziano, si è candidato per guidare il partito.


Marattin, sia sincero: ma esiste davvero la possibilità che Renzi si faccia da parte?


«Renzi ha deciso di sua sponte di indire un congresso. Solo dopo io ho manifestato la volontà di candidarmi. Ha fatto la sua scelta, io la mia».


Ne ha parlato prima con lui?


«Non ho chiesto il permesso, come 12 anni fa un ragazzo di Rignano insegnò a un’intera generazione che gli deve tutto. Ora quel ragazzo è un uomo dall’orizzonte internazionale, e fa le sue scelte senza aspettare suggerimenti. Così noi».


E fuori da Iv cosa accade?


«C’è il progetto di un nuovo partito liberal-democratico».
Includerebbe Azione?


«A mio avviso deve farlo, ma ciò non può avvenire finché alla guida c’è Calenda. Questo, però, lo decidono iscritti e dirigenti di Azione».


Sulle Europee ha pesato più l’unione con Bonino o è mancata quella con Calenda?


«Tutto nasce dalla fine del Terzo Polo nell’aprile 2023. Un atto di masochismo politico che finirà sui manuali. Avevamo promesso un grande partito liberal-democratico e riformatore. È finita tra gli insulti».


E nonostante ciò resta così convinto di riprovarci?


«Per me non c’è alternativa alla ricostruzione di quell’opzione, ma su basi diverse. Perché l’attuale configurazione del centro, così com’è, non ha agibilità politica e neppure elettori. Si è visto alle Europee».


Il crollo di Macron la preoccupa?


«A me preoccupa la radicalizzazione. Il bipolarismo al quale tutti ci vogliono condannare, in Francia propone una destra che vuole sfondare i conti pubblici e abbassare l’età pensionabile e una sinistra che vuole la patrimoniale, i prezzi amministrati e la scala mobile. Se devo scegliere solo tra queste opzioni divento un astensionista anch’io».


Il totonomi sui federatori del centro impazza: Rutelli, Gentiloni, Cottarelli. Cosa c’è di vero?


«Stavolta non si parte dai nomi. Ci sono due partiti, Iv e Azione, che devono decidere cosa fare, e realtà come i LibDem, pronta a partecipare. E ci sono milioni di italiani che, prima di un nome, vogliono vedere un’offerta politica solida, strutturata, con una visione di società in grado di archiviare i partiti personali».


Forza Italia si è consolidata. Voi la guardate, lei vi guarda.


«Hanno scelto di essere al servizio dei populisti. Si è visto sulla farsesca vicenda del Mes. Finché sarà così non c’è dialogo. Se riprenderanno la mai attuata rivoluzione liberale del 1994 saranno i benvenuti».


Risse, bagarre… è preoccupato del clima parlamentare?


«Niente di nuovo. La politica italiana ormai è un misto tra un reality e curve ultras dove ogni tanto, purtroppo, si viene alle mani».


Sull’autonomia le opposizioni, dice il Pd, sono unite. È così?


«Quel progetto è folle, ma non certo per gli slogan di Pd e M5S. Pensare di devolvere alle regioni materie che, invece, andrebbero date alla Ue, significa non avere idea di ciò che si sta maneggiando».

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