Marattin: “Basta partiti padronali. Renzi ha scelto la sinistra da solo”

la mia intervista con Grabriella Cerami per Repubblica del 28 luglio 2024

Onorevole Luigi Marattin, lei ha pubblicato una foto, nello spogliatoio della partita del cuore, in cui si trova tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Se ne è pentito?

«Ho fatto l’errore di pensare che una partita di calcio fosse cosa diversa rispetto alla politica. Ma si vede che la deriva di confondere politica con le curve ultrà è ormai inarrestabile».

Renzi ha detto che la strada è il centrosinistra e il 28 settembre ci sarà l’assemblea di Italia viva. Lei ne farà ancora parte?

«L’ultimo congresso, quello che ha eletto Renzi, lo ha fatto su una proposta politica terzopolista. Se ora si vuole legittimamente cambiare linea a farlo deve essere lo stesso organo: un congresso, in cui si chiamano gli iscritti a decidere».

E se così non sarà?

«Se si dovesse fare una forzatura del genere, ne trarrò le conseguenze insieme a tanti altri. La delega che una comunità dà non è eterna da monarchia assoluta. La politica è un’altra cosa. A me piacciono i leader, non piacciono i padroni».

Quindi è pronto a lasciare Italia viva. Sta dicendo che Renzi è padrone del partito?

«Spero di no, da tanti gli sta arrivando la richiesta di lasciare che Iv si esprima in un congresso, così da confrontare la sua tesi di andare con il centrosinistra con una tesi alternativa».

Lei quale tesi propone?

«C’è spazio per un partito di centro liberaldemocratico. Il fallimento del Terzo polo non equivale alla scomparsa di un’area politica, ma solo al fallimento di quel particolare tentativo».

Il centro non è già presidiato da Forza Italia, in fase di grande attivismo?

«Forza Italia è compatibile con la creazione di un grande partito liberale e riformatore, autonomo da sovranismi, conservatorismi e populismi. Ma si è messa al servizio del populismo sovranista, illudendosi di poterlo temperare. Vedremo se questa scelta durerà. Mi pare di capire che qualcuno da Arcore abbia lanciato messaggi chiari».

Con Enrico Costa di Azione avete lanciato un appello, state già lavorando a questo nuovo centro?

«I partiti esistenti non hanno più agibilità politica per aggregare attorno a sè. Credo che nei prossimi mesi dovremo avviare un percorso costituente al quale chiunque potrà aderire accettando che il progetto si basi su una visione di società e sulla contendibilità della leadership. Abbiamo davanti tre anni di tempo».

Non vede quindi la necessità di un campo largo che possa arrivare fino al centro di cui sta parlando?

«Ho già vissuto due volte – nel 1996 e 2006 – l’esperienza di coalizioni fatte solo per non far vincere qualcuno, mettendo insieme il diavolo e l’acqua santa. Entrambe le volte crollarono dopo pochi mesi. Stavolta è perfino peggio: divisioni sul jobs act, tasse, energia, ambiente. Le culture politiche all’interno di questo campo sono ancora più divaricate di quanto non lo fossero con Mastella e Diliberto. Non credo quindi che dal campo largo possa venir fuori una proposta politica coerente per cambiare il mio Paese».

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