la mia intervista con Aldo Torchiaro per il Riformista del 31 agosto 2024
Economista, docente universitario e parlamentare eletto con il Terzo polo, Luigi Marattin ha appena dato alle stampe “La missione possibile”, edito da Rubettino.
Fitto in Europa, una buona scelta?
«Politico di esperienza e di buon senso. In questi due anni di legislatura ho potuto notare una caratteristica che era tipica di alcuni politici della Prima Repubblica: quella di parlare, anche per ore, senza in realtà dire nulla. Ma ha consuetudine con le istituzioni europee, e certamente non ha a che fare con la componente sovranista-populista, culturalmente e politicamente maggioritaria in questo governo. Gli faccio i più sinceri auguri di buon lavoro».
La concorrenza, l’emigrazione o Pnrr e coesione: cosa converrebbe ottenere, su cosa tratta secondo lei Meloni?
«Non penso che la scelta vada fatta in termini di convenienza nazionale: in fondo i Commissari bero, fare gli interessi del paese di provenienza ma dell’intera Unione. Una sola cosa: eviterei anche solo di chiedere la Concorrenza: in Italia, e in Europa lo sanno bene, al 95% dello spazio politico viene l’orticaria ogni volta che si nomina quel termine. Purtroppo».
Certo rimangono dossier aperti che l’Europa ci sollecita a chiudere. I balneari, per esempio, ma non solo
«La nostra è l’unica destra del mondo contro il mercato, contro la concorrenza, contro la libertà di impresa. Questo perché lo strano bipolarismo italiano non è affatto tra “destra” e “sinistra” ma tra due visioni che hanno preso il sopravvento: una (chiamata “sinistra”) convinta che ogni problema Italiano si risolva con la spesa pubblica, l’altra (“destra”) che ogni problema sia dovuto all’apertura del mercati e all’integrazione economica. Il problema del balneari non è che una, tra i più in vista, manifestazione di questa situazione».
II governo naviga in acque basse, dal punto di vista della con debito pubblico va alle stelle. Su cosa faranno cassa?
«Non avendo nessuna intenzione, come del resto la sinistra, di mettere mano alla spesa pubblica, temo faranno la cosa peggiore: proveranno anche quest’anno a coprire diminuzioni temporanee di tasse e contributi con entrate una-tanturn. Già quest’anno ci sono 15 miliardi da rinnovare per evitare che le tasse salgano. Temo cadranno nella tentazione di proseguire cosi. In questo modo arriveremo a fine legislatura con decine di miliardi da trovare solo per evitare che le tasse salgano. Praticamente II ritorno della malsana prassi delle clausole di salvaguardia».
L’assegno unico è stato una conquista importante. Smentiscono di toccarlo ma il timore c’è. Si può eventualmente ritoccare, riformare?
«In realtà tutto nasce dal fatto che la Commissione UE, come aveva annunciato da tempo, ci ha deferito alla Corte di Giustizia perché sono esclusi i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno due anni. Come si fa sempre poi (era maestra anche la destra) si usa il pretesto per costruirci sopra leggende metropolitane senza nessun fondamento. Ma delle vere questioni non parla nessuno: manca ancora il decreto attuativo per togliere dal calcolo dell’ISEE gli importi dell’assegno unico. Per questo motivo quest’anno un sacco di famiglie perderanno l’accesso a prestazioni sociali essenziali. E il motivo non è politico: è semplicemente che la gestione delle politiche e dei meccanismi amministrativi-istituzionali non funziona più. Per forza: perché non è importante “cambiare lo stato presente delle cose” (cit.), ma solo fare annunci e comunicare l’atteggiamento più popolare».
II Piano Strutturale di Bilancio è stato definito “strumento di breve periodo” da Giorgetti. È così?
«In realtà è esattamente l’opposto: un documento che viene presentato solo quest’anno perché definisce l’andamento della spesa pubblica primaria per i prossimi cinque anni, senza possibilità di cambiarlo se non in caso di cambio di governo. Per l’Italia sarà una rivoluzione copernicana: i partiti, che sono abituati ad avere l’orizzonte forse di 5 settimane, devono ora invece programmare a 5 anni (e con un documento cogente, non un libro dei sogni). Ma il punto è che la politica italiana neanche si è accorta di questa rivoluzione in arrivo, quando invece il Piano deve essere mandato a Bruxelles tra 20 giorni».
Le pensioni sono a rischio. Si riducono i contribuenti, i versamenti. Basterà il posticipo di tre mesi a cui pensa l’esecutivo?
«Salvini ha costruito il suo capitale politico promettendo di abolire la Fornero e favorire pre-pensionamenti. Pensare che sarà lui, da vice-premier, a stringere requisiti pensionistici è l’ennesima prova che la politica italiana è diventata una recita teatrale, e pure di basso livello. Detto ciò, il trucchetto di posticipare le finestre di uscita è una presa in giro dei cittadini: in pratica, pur avendo maturato il diritto alla pensione, li si costringe a rimanere al lavoro e versare i contributi per nulla. Altra prova di cos’è diventata la politica italiana: invece di avere il coraggio di intervenire a viso aperto sulle pensioni (soprattutto sullo scandalo di chi andò in pensione con 14 anni e 6 mesi di contributi) si preferisce ricorrere a questi trucchi inutili».
Si riduce la forza lavoro. E di molto: in pochi anni avremo cinque milioni di lavoratori attivi in meno. Un rischio di retrocessione generale, Pil e indici di produzione… come se ne esce?
«Favorire la ripresa della natalità è essenziale ma tra poco non basterà: un bambino che nasce l’anno prossimo sarà forza-lavoro potenzialmente occupabile già oltre il periodo in cui il sistema collasserà. Per questo servono soprattutto immigrazione di qualità (ad oggi se guardiamo i dati neanche gli immigrati low-skilled vogliono rimanere in Italia, figuriamoci gli high skills) e miglioramento della produttività: siamo l’unico paese occidentale in cui essa non cresce da 40 anni».
La grande vittima di questi anni è la classe media. l.a riduzione del potere d’acquisto e l’erosione della propensione al risparmio sono criticità oggettive. Lei cosa proporrebbe al governo?
«Una colossale opera di efficientamento della spesa pubblica da destinare integralmente alla riduzione delle tasse. Ma per avere risultati serve tempo, almeno tre anni da quando si decide. Nel frattempo le poche risorse disponibili non vanno a pioggia ma su esigenze mirate: detassazione completa dei premi di produttività e della contrattazione di secondo livello, detassazione delle fusioni tra micro-imprese, rivoluzione concorrenziale per ridurre prezzi e scardinare le rendite».