LA LEGGE DI BILANCIO 2025: UNA PRIMA VALUTAZIONE

Quasi due terzi delle risorse (17,6 miliardi su 28,5) sono destinati ad una sola operazione: rendere strutturali gli sconti fiscali e contributivi che erano in essere per il solo 2024, e che venivano in parte dal governo Draghi e in parte dal governo Meloni.

È chiaro quindi che buona parte del giudizio sulla manovra dipende da che giudizio si dà di questa operazione.

Da un anno e mezzo ripetevo che era la cosa più importante: tagliare le tasse in modo temporaneo è, infatti, il “male assoluto”: spesso non ha effetti macroeconomici e ti costringe poi a trovare ogni anno un sacco di soldi non per diminuire le tasse, ma per impedire che aumentino.

Era questo il vero banco di prova della manovra, ed è stato superato. Tra l’altro, nel modo in cui suggeriva la Banca d’Italia: cioè cancellando la riduzione dei contributi (per non caricare gli oneri pensionistici sulla fiscalità generale), e mettendo in atto un meccanismo – che invero complica ulteriormente l’Irpef, che già è una delle imposte sul reddito più complicate del mondo – ma che raggiunge l’obiettivo.

[Da notare che questo meccanismo, che dai 20.000 euro in su prevede una modifica delle detrazioni, sotto i 20.000 euro assume esattamente le stesse modalità del tanto vituperato “bonus 80 euro”….]

Per la restante parte della manovra, ci sono poi – ovviamente secondo il mio punto di vista – cose positive e cose negative, che passo ora a illustrare. 

Seguiranno due piccole riflessioni su sanità e scuola.

LE COSE POSITIVE

  • Viene prorogata – e per tre anni – la detassazione (con aliquota al 5%) per i premi di produttività. Qui servirebbe molto di più: aliquota zero, e abolizione dei tetti. Ma era una misura buona, originariamente fatta dal governo Renzi un decennio fa (al 10%), e sta funzionando. 
  • Ci sono 7,7 miliardi di tagli ai ministeri nell’arco del triennio, di cui circa un terzo già nel 2025. Sulla carta bene, anzi soni pure pochi. Ma chiunque abbia avuto a che fare con questo argomento sa che questi tagli spesso rimangono solo sulla carta, e non può che essere così: se ogni anno arrivi a ottobre e dici che entro 90 giorni vanno tagliati miliardi di euro, ti fanno una pernacchia. I risparmi possono avvenire solo con una delicata operazione di intervento strutturale sui meccanismi di formazione della spesa (nel mio libro, “La Missione Possibile”, riporto l’esempio delle spese per la manutenzione degli uffici giudiziari sul territorio). Quindi anche qui: giusto il concetto, vediamo se e come verranno applicati.
  • Per i nuovi assunti che spostano la residenza di oltre 100 km – che l’anno prima hanno avuto un reddito inferiore a 35.000 euro annui –  viene previsto un fringe benefit esentasse di 5.000 euro, per aiutarli nelle spese di trasferimento. Questa problematica è stata oggetto di numerosi miei emendamenti negli anni passati: un disoccupato di Messina (dove fanno fatica a trovare lavoro) non si sposta a Belluno (dove fanno fatica a trovare lavoratori) non perché è uno sfaticato, ma perché con questi livelli di stipendio, metà della retribuzione se ne va in affitto. Il problema probabilmente non si risolverà solo con questo strumento, ma la direzione è giusta.
  • Sulla famiglia le misure sono quasi tutte corrette. Si conferma l’esclusione dell’assegno unico dal calcolo dell’ISEE per avere accesso al bonus nido (altrimenti si era in una situazione paradossale: supero i limiti per richiederlo ma solo perché ricevo un sostengo alla natalità!), si potenzia il buono per il pagamento delle rette degli asili nido e per le baby-sitter, si aumenta in modo strutturale il congedo parentale dal 30% al 80% per tre mesi. Meno utile il “bonus contributivo” per le mamme lavoratrici , ma bene che sia stato limitato a chi guadagna meno di 40.000 euro.
  • Alcuni stanziamenti che ogni anno vengono previsti solo in modo temporaneo (missioni militari, rinnovi contrattuali del pubblico impiego) vengono invece previsti fino al 2030. Ma qui il merito non è del governo, ma del nuovo Patto di Stabilità UE che ti obbliga farlo.
  • Vengono incrementate le risorse per uno dei pochi provvedimenti di politica industriale che ha sempre funzionato: la “Nuova Sabatini”, quella misura che aiuta le imprese a ridurre il costo di acquisizioni di nuovi macchinari.
  • Uno dei problemi del PNRR è che rischi di fare “cattedrali nel deserto” che poi non hai i soldi, finito il PNRR, per mantenere. Si comincia ad ovviare al problema partendo da uno dei fronti cruciali del futuro: i centri di ricerca avanzati nati col PNRR ricevono un finanziamento di 300 milioni per continuare a vivere anche dopo la fine del piano
  • I miracoli ogni tanto accadono. Nel paese del Milleproroghe, si resiste ad una richiesta di proroga di una scadenza o adempimento: quella del riversamento spontaneo dei crediti di imposta in ricerca e sviluppo, che scade il 31 ottobre. Funziona così: questa annosa vicenda, che affonda le radici nel decennio scorso, si era chiusa in questo modo: “Ok, tutti i governo hanno fatto un gran casino su quali erano spese da considerare ammissibili e quali no. Facciamo così: ora che lo abbiamo stabilito (sempre con un gran casino), e quindi sai di averne usufruito in maniera indebita, ridacci i soldi entro il 31 ottobre”. Invece di prorogare o cancellare questa scadenza, ora si assegna alle aziende un contributo in conto capitale (quindi agli investimenti) commisurato a quanto si è riversato. “Bastone e carota”, se volete.
  • Viene prorogato per tre anni il credito di imposta per le aziende che decidono di quotarsi in Borsa. Le precedenti proroghe erano sempre state oggetto di miei emendamenti: in un paese in cui il mercato borsistico è ancora così asfittico, e in cui troppe aziende sono dipendenti dal credito bancario, è cruciale dare ogni aiuto possibile per aiutare quelle realtà a crescere e confrontarsi col mercato.
  • L’Unione Europea, a quanto pare (si può avere conferma in merito?) ha detto basta alla decontribuzione del 30% per i lavoratori del Sud per violazione della disciplina sugli aiuti di Stato. Le risorse risparmiate però rimangono tutte per provvedimenti rivolti al Sud: incentivi all’assunzione di giovani e donne, e incentivi alle Zone Economiche Speciali.
  • Il “bonus Maroni” ( = se maturi il requisito per andare in pensione e decidi di rimanere al lavoro, ti tieni in busta paga il 9,19% di contributi previdenziali che non ti trattengo più) viene non solo riconfermato per chi matura il diritto a Quota 103, ma esteso a chi matura i requisiti di pensionamento dopo 42 anni e 10 mesi di contributi. La misura è positiva. Ma mi dovrete togliere la curiosità di vedermela spiegata da Matteo Salvini, per favore.

LE COSE NEGATIVE

  • L’aumento di tassazione (sia per il dipendente che per il lavoratore) sulle auto aziendali a benzina e diesel. Una misura che ci si aspettava da Bonelli e Fratoianni
  • L’aumento spaventoso (dal 26% al 42%)  della tassazione sulle plusvalenze da criptovalute. Tutto questo per incassare 16,7 milioni per il bilancio dello Stato. Che senso ha?
  • L’aumento della “digital tax”, estesa anche alle piccole e medie imprese, eliminando il limite di fatturato. Per incassare 51 milioni, si colpiscono realtà magari innovative e promettenti. A che scopo?!
  • Il tetto di 120.000 euro ai compensi degli organi amministrativi delle società pubbliche sembra scritto dal M5S. Non solo perché è l’ennesima sparata populista e demagogica (io chi gestisce le società pubbliche lo voglio poter pagare tanto, ma cacciarlo se non fa bene), ma anche perché rimarrà solo sulla carta: in futuro infatti, tramite un immancabile decreto ministeriale che non vedrà mai la luce, si dovrà individuare il perimetro di società su cui si applica questa cazzata. Insomma, servirà solo per una card di Lega e Fdi nelle prossime ore.
  • Siamo tutti scottati dal Superbonus. Ma si era sempre detto che a regime doveva rimanere una deduzione di importo adeguato per i lavori di ristrutturazione e efficientamento energetico. Qui invece c’è un pesante taglio a ecobonus e sismabonus, che vanno al 50% ma solo per il 2025 e solo per alcuni casi. Per gli altri il 36%. Non si capisce allora come si potrà anche solo cominciare a lavorare sugli obiettivi della riduzione di emissioni inquinanti degli edifici.
  • Si prevede la possibilità per un dipendente pubblico di lavorare, se vuole, fino a 70 anni. Secondo me, nel paese con l’età media più alta del mondo nel pubblico impiego (55 anni), serve l’esatto contrario.
  • Il canone Rai viene aumentato da 70 a 90 euro. Perché? 
  • Accogliendo, evidentemente, le storiche richieste più conservatrici dell’ANCI, nel comparto comunale si vanificano nei fatti gli effetti del passaggio graduale dai trasferimenti basati sulla spesa storica a quelli basati sui fabbisogni standard. In questo modo si perdono completamente tutti quei discorsi sulla perequazione che invece sono, ad esempio, alla base di tutti i discorsi sull’autonomia differenziata (sia da parte di chi è a favore che di chi è contrario). Quei soldi dovrebbero invece essere destinati al potenziamento della perequazione verticale: si spenderebbero gli stessi soldi ma nel modo corretto.
  • Nonostante le numerose interviste del vice-ministro Leo in questi due anni, dal 1 gennaio chi porta a casa 2.400 euro netti al mese avrà ancora un’aliquota Irpef (sommando quella nazionale e le addizionali locali) del 45-46%, che all’estero si applica ai milionari.  A quelli che stanno un po’ meglio (3.300 netti) invece le tasse gliele aumentano proprio, riducendo le detrazioni. Mi piacerebbe sapere fino a che punto si intende tirare la corda col ceto medio di questo Paese.

SANITA’

Nel 2025 il Fondo Sanitario Nazionale aumenterà di 2,5 miliardi, raggiungendo quindi i 136,5 miliardi.

Nel 2026 raggiungerà i 140,6 miliardi e nel 2027 invece 141 miliardi.

Nel 2000 era 66 miliardi.

Ovviamente si è scatenata la guerra a chi offre di più.

Io su questo sono molto radicale:

  1. È inutile che vi cimentiate in questo giochino. La regole sulla spesa pubblica primaria netta (che ogni anno deve aumentare massimo del 1,5% in termini nominali)  si applica anche alla sanità, che è il secondo stanziamento più grande del bilancio del settore pubblico dopo le pensioni. Per cui se qualcuno vuole aumentare a dismisura la spesa sanitaria, dica in maniera chiara quali tasse vuole aumentare o quale spesa vuole tagliare.
  2. Per come la vedo io, anche 10 miliardi in più sul servizio sanitario nazionale non risolverebbero i problemi, finchè non interveniamo su alcuni nodi strutturali (ritorno alla gestione nazionale, introduzione vera di costi e fabbisogni standard, centrali uniche di committenza, riduzione di stazioni appaltanti, severo piano di controllo di gestione e efficienza). Sulla sanità, così come altrove, il problema non è tanto “quanto” si spende. Ma “come” si spende.

SCUOLA

Qui c’è un piccolo giallo. Dal testo pare evincersi un taglio di 5.660 unità nell’organico di potenziamento dei docenti. Nella serata di ieri il ministero competente ha emanato una nota confusa dalla quale non si evince molto. 

Se questo taglio fosse confermato, sarebbe una pessima cosa. Anche nella scuola la soluzione non è semplicemente “spendere e assumere di più e non cambiare i meccanismi”, ma altrettanto chiaramente occorre dire che difficilmente potrebbe essere “ridurre gli insegnanti e non cambiare i meccanismi”.

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