La Legge di Bilancio stanzia 6 miliardi all’anno per finanziare – assieme al gettito derivante dall’abolizione di tutti i frammentati strumenti esistenti – un assegno per ogni figlio fino a 21 anni. Rispetto alla situazione attuale, questo strumento sarà unico (e non frammentato in tanti rivoli), universale (comprenderà i lavoratori autonomi e coloro che guadagnano meno di 8.000 euro l’anno, al momento esclusi) e più pesante (perché beneficia, appunto, dello stanziamento aggiuntivo di 6 miliardi all’anno in più).
A marzo, con lo scoppio della pandemia, si era sospeso l’invio delle cartelle esattoriali ai cittadini. In assenza di ulteriori interventi, questo invio sarebbe ripreso domani, con l’invio di milioni di cartelle a milioni di famiglie. Noi siamo convinti che le tasse vadano pagate (anche in un sistema, come quello italiano, in cui esse sono troppe), perché – particolarmente in momenti come questo – finanziano tanti interventi preziosi per la cittadinanza. Ma ciononostante ci siamo chiesti se fosse il caso che, a pandemia ancora pienamente in corso (e con terapia e vaccino ancora non in vista) e con una situazione economica ancora così grave e incerta, milioni di cittadini dovessero ricevere una cartella esattoriale. Così abbiamo chiesto e ottenuto che l’invio partisse da gennaio.
In assenza di ulteriori interventi, dal 1 gennaio prossimo sarebbero dovute scattare due nuove tasse: una sui manufatti in plastica monouso (la “plastic tax”) e una sulle bevande zuccherate (la “sugar tax”), per un gettito complessivo di circa un miliardo all’anno. Entrambe le imposte dovevano entrare in vigore già quest’anno, ma erano state rinviate dapprima per richiesta di Italia Viva, e poi per lo scoppio della pandemia. Ci siamo chiesti se, arrivati a questo punto, fosse davvero il caso di far debuttare due nuove tasse nella peggiore situazione economica della storia d’Italia, senza avere una pressante esigenza di finanza pubblica (per la prima volta da decenni queste manovra può solo spendere, senza reperire nuove risorse) e, inoltre, senza aver ancora raggiunto un’intesa con le categorie economiche interessate per quel che riguarda caratteristiche delle imposte e modalità di riscossione (ad oggi estremamente complesse e burocratiche).
Su tutti questi aspetti, dopo giorni e notti di lunghe ed estenuanti discussioni, alla fine ci hanno dato ragione (e su molti altri no, dai Pir agli incentivi alle fusioni tra aziende).
Ma quello che passa all’esterno – o meglio, quello che qualche collega di maggioranza prova a far passare – non è che si è discusso, ragionato e trovato un accordo basato sui contenuti e sul contemperamento di varie necessità.
No. Passa sempre che è un “ricatto dei renziani”. Perché, si sa, i renziani sono fatti così: ogni tanto si svegliano e decidono di modificare una legge a caso, senza sapere perché, solo per vedere di nascosto l’effetto che fa.
E tutto questo mentre partiti persino più piccoli di Italia Viva – e sì che in questo momento non è facile, eh – bloccano in serenità riforme strutturali su cui si lavorava da mesi, e su cui c’era accordo totale del resto della maggioranza. Ma in quel caso nessuno lo definisce un “ricatto”, “una voglia di visibilità”, una “arroganza di piccoli partiti”. . No no. In quel caso è un legittima posizione politica che viene accolta, essendo questo un governo di coalizione. E li si guarda con tenera benevolenza, al più qualche occhiata dispiaciuta ogni tanto.
Forse anche noi sbagliamo qualcosa. Nel modo di porci, nel modo di portare avanti le nostre idee, nella foga che ci mettiamo ad argomentarle. Non so. E’ passato da tempo, per me, il tempo delle certezze e delle verità assolute.
Ma spero che, nel rimanente tempo che questa maggioranza ha a disposizione, si possa tornare a prendere le decisioni politiche valutando serenamente e senza pregiudizi l’effetto che hanno sui nostri concittadini, e non più solo per potersi dare di gomito e sorridere, soddisfatti di aver fatto un dispetto a quei cattivoni antipatici dei renziani.