Ieri l’Unione Europea ha debuttato sui mercati dei capitali come “grande emittente di debito pubblico”, vendendo obbligazioni finalizzate a reperire i fondi per il finanziamento del programma Sure (quei prestiti europei “privilegiati” e con condizionalita’ di cui tuttavia nessuno si è lamentato, ne’ ha detto che “bisognerà aumentare le tasse”, ecc).
La Ue si è indebitata a 10 anni a tasso negativo (-0,23%) e a 20 anni a tasso praticamente zero (0,1%).
Circa uno 0,9% in meno – su entrambe le scadenze – rispetto a quanto fa l’Italia.
Ieri il rendimento dei nostri Btp sul mercato secondario ( = quello su cui gli investitori privati si scambiano titoli già precedentemente emessi in asta) è leggermente salito ( = cioè c’è stata una domanda leggermente inferiore per acquistarli).
È naturalmente molto presto per stabilire alcun nesso causa-effetto. Così come erano decenni che auspicavamo l’emissione di titoli del debito pubblico europeo, come apri-pista per una maggiore centralizzazione della politica fiscale e una maggiore democratizzazione della governance istituzionale europea. Ed è questo il percorso che deve iniziare e che deve rafforzarsi nei prossimi anni, a tutti i costi.
Ma sullo sfondo è bene tenere d’occhio un fenomeno: se la Ue – come debitore “sovrano” – si confermerà così attraente nonostante tassi negativi, in prospettiva il costo di emissione dei nostri Btp potrebbe salire. E con un debito tra il 150% e il 160% del Pil (se non riprendiamo a crescere velocemente), questo è un punto da tenere d’occhio con attenzione.
Anche politicamente: me li vedo già i nuovi sovranisti scendere in piazza contro i titoli del debito pubblico europeo che rubano il lavoro ai titoli del debito pubblico italiano.
Aiutiamo le obbligazioni Ue a casa loro.