Dicono che ieri, quando i familiari hanno dato l’allarme, dall’ospedale abbiano mandato nove ambulanze. Che potesse andarsene, forse, deve essere sembrato un rischio troppo grande anche a quel centralinista o a quel medico argentino.
E stamani non c’è un contesto, una riunione, una conversazione in tutto il pianeta Terra in cui non si parli di lui, anche solo per un istante.
C’è chi si chiede come questo – che non è riuscito a uomini e donne che hanno cambiato il mondo per sempre – sia riuscito ad un uomo che ha preso a calci un pallone per una dozzina d’anni e che non è mai stato un modello di comportamento etico, morale, familiare, fiscale o quant’altro.
La risposta, credo, è semplice.
Lui ha risvegliato nell’animo di ogni essere umano (anche in chi non lo ha mai visto giocare, ne’ dal vivo ne’ in tv, o persino in chi non sa quanti giocatori abbia una squadra di calcio) quel sogno con cui tutti nasciamo ma che da subito impariamo a domare: che tutto, in fondo, sia possibile. Anche che un bambino nato poverissimo alla “fine del mondo” (cit) possa sognare di giocare un Mondiale, e che poi riesca a vincerlo, e da solo. Oppure segnare due gol alla squadra della nazione con cui il tuo paese ha appena concluso una guerra: uno di mano, e l’altro il più bel goal della storia del calcio. O tutte le altre infinite cose che ha fatto con un pallone tra i piedi, trascinando e facendo sognare generazioni di sportivi e non solo.
Chi ha respirato l’aria di Napoli durante i suoi anni, come è capitato a me da bambino, ha toccato con mano quali corde del popolo quel ragazzo argentino sia stato in grado di toccare.
Ieri sera, quando la mia compagna mi ha chiesto di spiegarmi meglio questo concetto , le ho detto che non ne ero capace, e un arrogante come me questa frase non la dice quasi mai. Pensavo che lo sarei stato oggi o in futuro. Ma mi sbagliavo.
Dicono che se si resta per sempre nel ricordo di chi vive in fondo non si muoia davvero.
Ho sempre pensato fosse una frase fatta, retorica, forse quasi uno slogan.
Ma ieri sera, nei primi istanti in cui ho appreso la notizia, ho capito che era vera.
Un sorriso al cielo, verso quell’angolo dove, naturalmente con un pallone tra i piedi, se ne sta ora Diego Armando Maradona.
Il ragazzo che provo’ a ricordarci che in fondo tutto è possibile. E, prendendo a calci un cacchio di pallone, ci riuscì.