Intervista per Repubblica, 20.06.2022
“Di Maio nel polo di centro? Ci sono limiti alle conversioni. Certo il ministro degli Esteri ha fatto molta strada da quando andava a trovare i gilet gialli in Francia o diceva che i dirigenti dem rubano i bambini. Ci vuole un periodo di training autogeno, prima”. Luigi Marattin, renziano, presidente della commissione Finanze della Camera, lancia una proposta per il polo centrista: “Scegliamo il leader liberaldemocratico con le primarie”. Da Beppe Sala a Carlo Calenda, da Matteo Renzi a Mara Carfagna, il progetto è legato alla sua guida. E allontana Di Maio.
Marattin, grandi manovre al centro, ma voi renziani non rischiate di essere tagliati fuori?
“Chi l’ha detto? Ovviamente dipende: se si vuole fare un concorso di bellezza, forse potremmo essere tagliati fuori. Se si vuole fare politica, ci siamo, eccome”.
Il vostro primo obiettivo è creare un polo di centro?
“La definizione “centro” è problematica perché implica un segmento “destra-sinistra” dai contorni indefiniti. Renzi nel 2014, allora segretario del Pd, fa il 40% con parole d’ordine storicamente non di sinistra: meno tasse, più concorrenza. Allo stesso tempo Lega e FdI oggi hanno parole d’ordine dell’estrema sinistra di una volta: no al mercato, no alla concorrenza, si alla stampa di moneta, al deficit e ai pre-pensionamenti. Quindi il primo obiettivo è l’identità: chi sei e quale tipo di società hai in mente. Non quella dei bonus e del reddito di cittadinanza. La nostra offerta politica deve differenziarsi dai sovranisti alla Le Pen e dalla sinistra à-la- Melenchon. Per un polo liberal democratico”.
Si tratta di non mettere a rischio Draghi, innanzitutto?
“Fino al 2023 va preservata l’azione di Draghi, che ha salvato questo Paese. Poi c’è l’offerta politica che si presenta agli elettori”.
E questa appunto vede Mario Draghi sempre come punto di riferimento?
“Draghi ha detto no a una sua partecipazione nella contesa elettorale. Ma il polo liberaldemocratico deve vedere nell’azione politica e di governo di Draghi, un punto di riferimento imprescindibile”.
È che c’è della ruggine tra Carlo Calenda, il leader di Azione, e Renzi?
“Renzi non ha mai attaccato Calenda, è avvenuto qualche volta il contrario. Non mi pare il momento delle questioni personali, perché non si tratta del gruppo con cui fare insieme le vacanze e si può passare sopra a qualsiasi ruggine, se ci fosse”.
Per Italia Viva quale progetto vede?
“In vista del 2023, immaginiamo un’area à-la- Macron, dando agli italiani una terza scelta. Nella costruzione di quest’area Italia Viva ci vuole stare assolutamente, con tanti altri”.
Beppe Sala, il sindaco di Milano, potrebbe esserne il federatore?
“Prima c’è il “cosa siamo”, “cosa vogliamo” e “come”. Ma se vogliamo subito pensare al “chi”, se c’è una questione di affollamento di leadership, allora il polo di centro faccia le primarie per scegliere il leader. Chi vuole correre, si candidi, da Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Giorgio Gori, Luigi Brugnaro, Beppe Sala. Niente di meglio delle primarie”.
Alle amministrative, siete stati con il centrodestra a Genova, Palermo, Catanzaro
“Il livello locale è un’altra cosa, ma a marzo-maggio, quando ci saranno le politiche è importante che la sola scelta non sia tra un centrodestra guidato da Giorgia Meloni e un centrosinistra che ha come riferimento culturale Maurizio Landini”.